di Alexander Galiano
Come molti italiani, tra il 1943 e il 1944 Roberto Rossellini visse un’esistenza provvisoria, avventurosa, quasi al limite dell’incredibile. Non sappiamo ancora con precisione il giorno esatto in cui il regista “padre del Neorealismo” si trasferì a Tagliacozzo, e successivamente a Verrecchie (Cappadocia): probabilmente nella settimana di ferragosto, tra il 10 e il 13 agosto 1943.
In realtà Roberto Rossellini sarebbe dovuto arrivare in Abruzzo molti anni prima, già nel 1936. All’epoca il trent’enne Roberto (è nato nel 1906) si sarebbe dovuto sposare con Marcella De Marchis, all’epoca diciannovenne, quindi ancora minorenne per la legge. Raimondo De Marchis, il padre di Marcella, inizialmente non approvava l’unione tra i due, così il giovane Rossellini tentò di organizzare, con la complicità di Evelina De Marchis (la sorella di Marcella) e di suo marito Nino Barbieri, un ufficiale della Regia aeronautica, un matrimonio segreto in Abruzzo. Le cose alla fine andarono diversamente, e Roberto Rossellini e Marcella De Marchis convogliarono a nozze il 26 settembre 1936 in una chiesa di Palo Laziale (Ladispoli), dopo soli tre mesi di conoscenza. Il viaggio in Abruzzo è solo rinviato di qualche anno.
Nell’agosto del 1943, nei drammatici giorni che seguirono il 25 luglio, e la caduta del regime guidato da Benito Mussolini, Roberto Rossellini è impegnato nelle riprese di un film intitolato Scalo Merci, che si sarebbe dovuto ambientare nella zona dello scalo ferroviario romano di San Lorenzo, colpito duramente dai bombardamenti degli Alleati il 19 luglio 1943. Rossellini non vuole rinunciare al suo film, e seguendo il consiglio di Remo Zenobi (che diventerà il presidente della S.S. Lazio), proprietario di un deposito di legname alle porte di Verrecchie (oggi della famiglia Tommasi), trasferisce la troupe a Tagliacozzo (all’albergo “Moderno”). In realtà la località è suggerita a Rossellini anche da Evelina De Marchis, che trascorre le vacanze estive proprio nella cittadina abruzzese. Il marito Nino, ha infatti ritenuto la zona compresa tra Tagliacozzo e Verrecchie, tra le più sicure in quel momento nel centro Italia.
La troupe cinematografica non si ferma molti giorni presso l’albergo “Moderno”: la società di produzione, già in difficoltà da tempo, dichiara la bancarotta dopo circa tre settimane di lavoro. I tecnici vengono rispediti a Roma, mentre Rossellini e la sua compagna Roswita Schmidt (nel 1942 Rossellini si è separato dalla moglie), si trasferiscono prima nella falegnameria di Zenobi (qualche giorno solamente), poi in casa di Fidalma Federici a Verrecchie. Con Rossellini ci sono Massimo Girotti, protagonista del film, e sua moglie Marcella Amadio. Nel frattempo, Rossellini ha fatto arrivare da Ladispoli, dove vivevano, anche l’ex moglie Marcella ed i due figli Romano e Renzo.
La storia della convivenza in casa di Fidalma Federici è ormai nota. Fidalma, originaria di Verrecchie è la governante di Uberta Visconti, sorella di Luchino. Quasi nessuno sa che Roberto Rossellini è cugino di secondo grado di Luchino Visconti, in quanto Renzo Avanzo (cugino di primo grado di Rossellini), sposò nel 1940 proprio Uberta Visconti.
La convivenza nella piccola casa di Fidalma Federici non si rivela delle più facili. In circa cento metri quadrati dovrebbero vivere Uberta Visconti con suo figlio Carlo, Marcella De Marchis con i figli Romano e Renzo, Roberto Rossellini con Roswita Schmidt, Massimo Girotti con Marcella Amadio. Ad ottobre giunge a Verrecchie anche Luchino Visconti con Mario Chiari e Basilio Franchina. Per di più la casa ha un solo servizio e per accedervi occorre passare dalla camera da letto a disposizione di Marcella De Marchis.
Rossellini abbandona la casa di Fidalma dopo pochi giorni e si trasferisce in una modesta villetta in legno nei pressi della falegnameria di Zenobi. Marcella De Marchis vive per qualche giorno nella Casa del Fascio di Verrecchie, poi trova ospitalità in casa di Vesprina Di Bernardo, insieme ai figli Romano e Renzo.
A differenza di quanto qualche autore locale abbia affermato, Roberto Rossellini tra l’agosto e l’ottobre del 1943 non fu mai in fuga da Roma. Non aveva motivo di esserlo, in quanto non era ricercato, e di certo non prese mai parte alla guerra in nessuna forma (soprattutto resistenziale).
La sua unica preoccupazione nell’estate e nell’autunno del 1943 fu di trovare un alloggio sicuro alla propria famiglia, e un sostentamento economico, tentando di portare a termine le riprese del film Scalo Merci, divenuto in seguito Desiderio.
Rossellini a Verrecchie non scrive sceneggiature, né affronta il soggetto di Roma città aperta, il cui progetto fu ideato da Sergio Amidei ed Alberto Consiglio (non da Rossellini) solo tra il luglio e il dicembre del 1944 (un anno e mezzo dopo).
Rossellini a Verrecchie scrive però degli appunti (riproposti dal regista nel suo libro Quasi un’autobiografia), in cui narra l’incredibile vicenda di tre militari inglesi scappati da un campo di prigionia. I militari furono veramente accolti in casa da Rossellini (nella villetta in legno) e tenuti nascosti una notte durante un’irruzione di una pattuglia nazista. L’episodio di vita realmente vissuta costituisce il soggetto di un film diretto da Rossellini nel 1960, Era notte a Roma, che secondo molti critici costituisce il secondo capitolo di Roma città aperta.
Alexander Galiano