Le recenti notizie sulla chiusura di un corso della Sabina Universitas e alcune prese di posizione di esponenti del mondo politico, ci spingono a proporre che una seria riflessione – priva di condizionamenti elettorali –coinvolga la città e la politica sul ruolo di una “Università di Rieti”.
Non ci possiamo nascondere che il sistema universitario italiano sia in una grande crisi, confermata da tutte le classifiche internazionali fra Atenei.
Purtroppo uno degli elementi che ha portato a ciò è stata l’intromissione di una cattiva e miope politica, con una proliferazione incontrollata di università poco competitive sul piano dell’offerta formativa che anziché cultura e formazione, hanno prodotto consenso a chi serviva e costi, nonché disoccupazione, alla comunità; e senza neppure gran ritorno sui territori.
E allora quale potrebbe essere il ruolo di una Università in una città come la nostra? Gli obiettivi, naturalmente in aggiunta all’interesse nazionale, dovrebbero essere di creare un indotto economico sul territorio e un’opportunità per gli studenti locali.
Quale il modo per raggiungere questi obiettivi? La nostra risposta (ma qui vorremmo si aprisse un dibattito) è: attirare studenti da fuori e lavorare in simbiosi con il territorio.
L’investimento universitario dovrebbe abbandonare la via del generalismo e concentrarsi su pochi corsi ad elevata specificità e possibilmente strettamente legati al territorio, alla sua morfologia, alla sua vocazione, senza trascurare però discipline che guardino alle possibilità occupazionali ed alle necessità del territorio stesso. Se guardiamo all’attuale, il pensiero va al corso in Scienze della Montagna, ma da estendere ad altri corsi in Agraria, nello sport e a Infermieristica, la cui necessità per il nostro territorio meriterebbe una discussione a parte.
Tali corsi dovrebbero essere di livello tale da attrarre da tutta Italia e perché no, da tutto il mondo, studenti in grado di generare l’indotto economico e culturale tipico della presenza di giovani sul territorio.
La razionalizzazione dell’offerta formativa consentirebbe anche di poter destinare parte dello sforzo economico alla costituzione di un serio e robusto sistema di borse di studio, al fine di sostenere quegli studenti di Rieti che vorranno andare a sviluppare il proprio potenziale in altre università ed altri rami della scienza.
Tutto ciò ha bisogno di una “Sabina Universitas” così come la conosciamo? Su questo va fatta una laica analisi dei pro e contro. Quanto sopra descritto potrebbe realizzarsi anche grazie all’impianto diretto di Istituti e Dipartimenti di altre università. In tal caso, quello che si venisse a risparmiare rinunciando alla “struttura” si potrebbe convogliare a rafforzare il sistema di borse di studio e di investimento sul territorio.
Ideale sarebbe poi collegare la specificità dei corsi universitari alle punte di diamante della nostra istruzione secondaria; pensiamo a realtà come l’Alberghiero (già in grado di attirare studenti da tutta Italia) e il nuovo Agrario.
Quanto sopra andrebbe ad arricchire la già alta offerta formativa cittadina di licei ed altri istituti. Il tutto andrebbe a rafforzare quella che riteniamo una chiave della rinascita reatina e cioè l’attrattività della città nei confronti di coloro che volessero trasferirsi a Rieti con la propria famiglia, per trovare qui la dimensione di un vivere a misura d’uomo a poca distanza dal proprio posto di lavoro.
E in un circolo virtuoso, una città attrattiva dal punto di vista scolastico attirerebbe anche professori residenti, cosa che di certo innalzerebbe il livello dell’università e della città stessa.
Paolo Fosso,
Rieti, 22 Marzo 2017