Peschiera-Le Capore: il Tribunale delle Acque pubbliche respinge i ricorsi. Due sentenze che lasciano a bocca aperta del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche con cui sono stati respinti i ricorsi presentati dall’Associazione Postribù e dal Comune di Casaprota che chiedevano l’annullamento della concessione di derivazione delle acque Peschiera e Le Capore, a favore del solo Comune di Roma (“e per esso ad Acea Ato2 S.p.a.”), per i numerosi vizi procedimentali e di merito che non sono stati presi minimamente in considerazione dall’assise presieduta dal Dr. Napoletano Giuseppe, consigliere Relatore Dr. Caputo Oreste Mario.
Infatti, con una serie di imprecisioni, si è liquidata con poche righe un’articolata memoria tecnica di oltre 50 pagine presentata dagli avvocati Claudio Giangiacomo e Alessandro Iannelli del Foro di Roma senza entrare concretamente nel merito delle questioni puntualmente poste.
Siamo indignati nel leggere affermazioni quali “concessione implicita”, naturalmente prive di supporto giuridico, per giustificare i 40 anni di prelievo abusivo dalle sorgenti Le Capore, nonostante il Regio Decreto 1775/33 vieti espressamente di derivare acqua in assenza di concessione.
E’ impensabile che esimi Consiglieri di Cassazione e del Consiglio di Stato non sappiano che le leggi regionali non possono derogare ai principi dettati dalla norma nazionale in materie esclusive dello Stato come l’ambiente (articolo 117 della Costituzione).
Sorprende, poi, che persino il membro tecnico esperto (Prof.ssa Ing. Pasca Monica) abbia avallato assunzioni prive di motivazioni tecnico-amministrative come quella che statuisce arbitrariamente che “le derivazioni di cui alla concessione impugnata non hanno significativo impatto sull’ambiente”, sostenendo che esse “non rientrano tra i progetti di opere elencati negli allegati II e IV del decreto legislativo 152/2006”; eppure, esiste una solida giurisprudenza che ritiene necessario, anche “in sede di rinnovo, di procedere alla valutazione sia di impatto ambientale, sia di incidenza” (Corte Costituzionale del 14/01/2010, sentenza n. 1, e del 04/07/2011, sentenza 209), a maggior ragione quando, come nel caso di specie, sono diverse le nuove opere realizzate dagli anni Novanta in poi con aumenti di portata ben superiori ai 200 litri al secondo. Per Capore si è così passati dai 3.200 l/s del 1996 ai 4.500 l/s attuali, nonostante il vecchio Piano Regolatore Acquedotti (PRGA) prevedesse la possibilità di captare al massimo 4.000 l/s, mentre il nuovo PRGA adottato nel 2004 non riserva nemmeno le sorgenti Le Capore per gli scopi idropotabili di Roma. A ciò si aggiunga che si sta realizzando un raddoppio acquedottistico che, come riportato nella stessa istanza di concessione di Roma Capitale, prevede la possibilità di un ulteriore prelievo di 4.000 l/s dal Peschiera. Che ne sarà del Velino se verrà quasi dimezzata la portata?
Ed allora, come è stato possibile senza Valutazione di Impatto Ambientale rilasciare una nuova concessione che autorizza il prelievo dalle sorgenti Le Capore di 4.700 l/s medi e 5.500 l/s massimi, cioè una quantità d’acqua di gran lunga superiore a quella naturalmente presente in falda consentendo di fatto il prosciugamento del fiume Farfa?
E a tal proposito, come si spiega l’affermazione che “il deflusso minimo vitale del fiume Farfa è stato espressamente considerato nella valutazione di incidenza e nel parere favorevole espresso dall’Autorità di Bacino”, quando è questa stessa Autorità, nella persona del Segretario psicologo Erasmo De Angelis, a rilasciare inspiegabilmente un parere (non parere) “temporaneo e rivedibile” proprio perché non è stato ancora calcolato il deflusso minimo vitale (DMV)? E come si spiega il parere (non parere) di Vinca a firma del Direttore regionale Ing Flaminia Tosini (attualmente sospesa dal suo incarico a seguito dell’ultima inchiesta sui rifiuti della Procura di Roma) che si limita a “raccomandare” che lo stesso DMV venga definito “quanto prima”?
C’è infine da prendere atto che si assumono valide le sole tesi della Relazione tecnica di Acea Ato2 S.p.a., nonostante questa fosse totalmente avulsa dai motivi del ricorso, per sostenere un’altra tesi davvero inspiegabile e che riportiamo integralmente: “la portata delle derivazioni è stata calibrata in rapporto alla situazione orografica e idrografica locale, sì da garantire altre derivazioni con essa compatibili”. Peccato che la portata dell’acqua concessa, oltre a risultare come detto addirittura superiore a quella naturale, viene riservata unicamente per gli scopi idropotabili di Roma Capitale che però, tramite Acea Ato2 S.p.a., la eroga anche a numerosi comuni della provincia di Roma e, se avanza, la vende all’ingrosso a quelli della provincia di Rieti.
Una sentenza, dunque, che ha anche il sapore di un’umiliazione per tutto il territorio reatino e non solo: i nomi delle meravigliose risorse naturali rappresentate dalle copiose sorgenti Peschiera e Capore e dai suggestivi e imponenti fiumi Velino e Farfa, non vengono praticamente mai pronunciati nelle due sentenze, come si trattasse di un qualcosa di astratto, privo di valore.
Motivi questi ultimi che avevano portato l’associazione Postribù prima a denunciare il disastro ambientale ancora in corso, per cui su Change.org furono raccolte oltre 11mila firme attraverso una petizione consegnata all’assessore regionale Refrigeri, poi a questo ricorso, con uno sforzo cui hanno contribuito anche tantissimi cittadini da tutta la provincia di Rieti.
Nonostante ciò, l’Associazione non è stata nemmeno legittimata ad agire mentre, come detto, il Comune di Casaprota ha dovuto soccombere persino laddove si è trovato costretto a difendere il diritto all’acqua per i propri cittadini.
(Scarica le sentenze dal sito https://postribu.net/2021/04/13/peschiera-le-capore-sentenze-shock-del-tribunale-delle-acque-pubbliche-private/)