Con il precedente libro “I Giovani e la Memoria” l’autore, Giuseppe Manzo, aveva sentito il dovere di favorire con il racconto il recupero della memoria storica della Resistenza in Sabina, aiutando le persone di Rieti e della provincia a ricordare, e gli studenti a conoscere, la strage di civili della primavera 1944 e di tanti altri episodi della fine della seconda guerra mondiale avvenuti nel territorio, che rischiavano l’oblio. Perché la memoria è la base fondante di una comunità. “Non c’è futuro senza memoria” aveva scritto Primo Levi.
Con questo secondo libro, edito sempre da Funambolo, l’autore ha scelto di raccontare un pezzo della vita di Castelnuovo di Farfa, che fa parte di una terra meravigliosa, la Sabina. Il piccolo paese che un po’ di anni fa lo accolse, assieme alla sua famiglia, permettendogli di vivere in modo sereno, in mezzo al verde degli olivi che ricoprono le colline di questa terra. Diciamo subito che il libro non è la storia del paese, quella con la S maiuscola, anche se alcuni cenni erano doverosi, ma il racconto, attraverso le immagini e gli eventi, della vita recente della sua comunità.
Il primo obiettivo era far conoscere e promuovere questo borgo con i suoi usi, la sua storia e la sua cultura. Anche perché il Covid ha reso più appetibili le case e i paesi di campagna per la gente di città, che ha patito il lungo lockdown negli appartamenti dei palazzi, spesso senza verde e spazi adeguati. “Via dalle città nei borghi storici c’è il nostro futuro” ha sostenuto l’architetto e urbanista Stefano Boeri. E Castelnuovo di Farfa ha molto da offrire alle famiglie e a tutte le persone in cerca di tradizioni, cultura, storia, natura, olio genuino, cibi gustosi e soprattutto una vita tranquilla.
Il secondo obiettivo era far rivivere ai suoi cittadini ricordi di momenti felici e di successi del paese, allo scopo di far crescere la consapevolezza dell’importanza di vivere in una piccola comunità, come quella di Castelnuovo di Farfa. E quello che fa unico ogni borgo in tutto il mondo è proprio la sua comunità, la sua storia, la memoria collettiva dei fatti avvenuti nel corso del tempo. Le persone che ci sono nate e ci sono rimaste. Quelle che sono andate via, ma tornano ogni anno. Le persone che ci sono venute ad abitare per vacanza o per sempre.
“Vivere in una comunità”, ha sottolineato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, “significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri. Significa pensarsi dentro un futuro comune, da costruire insieme. Significa responsabilità, perché ciascuno di noi è, in misura più o meno grande, protagonista del futuro del nostro paese. Vuol dire anche essere rispettosi gli uni degli altri. Vuol dire essere consapevoli degli elementi che ci uniscono e nel battersi, com’è giusto, per le proprie idee, rifiutare l’astio, l’insulto, l’intolleranza, che creano ostilità e timore”.
Giuseppe Manzo propone alla comunità di Castelnuovo di Farfa e a quelle dei piccoli paesi reatini di fare propria la cultura della riconciliazione, ovvero mettere fine alle ostilità e riprendere buoni rapporti tra le persone, che è forse una delle leve per risolvere i problemi della vita contemporanea, perché con l’odio non si semina niente. Il libro presenta il paese e la sua comunità non solo attraverso il racconto degli eventi che hanno caratterizzato la vita di Castelnuovo di Farfa negli ultimi anni, ma anche attraverso le foto di un giovane castelnovese che narra il paese per immagini, Diego Valentini, fotografo trentenne che si sta facendo strada cercando di trasformare la sua passione in una professione. Diego, come Giuseppe, si è dedicato negli ultimi anni alla promozione del borgo. Lui attraverso bellissime foto e l’autore con la scrittura. Entrambi con amore per il loro paese. Nel racconto sono presenti anche pezzi di storia e di vita del territorio reatino.
Nei piccoli paesi ci sono tante feste e ricorrenze. Feste patronali e religiose. Feste divertenti e coinvolgenti, rappresentazioni degli usi e della vita passata. “C’è molto da imparare nei piccoli paesi, sostiene l’autore del libro, in generale ho visto più allegria e fratellanza. Ho avvertito maggiormente il senso della famiglia e dell’amicizia. Tantissimi gli eventi che ho visto organizzare nel tempo a Castelnuovo di Farfa. E non solo da quando vi abito”. Prima di passare a raccontare eventi e feste dal 2016 ai nostri giorni, Giuseppe Manzo ha sentito il dovere di evidenziare nel suo libro quanto le donne del paese siano state protagoniste e organizzatrici silenziose di tali momenti, che per decenni hanno allietato la vita di Castelnuovo di Farfa. E non solo impastando quintali di fettuccine e preparando pasti. Ma anche gestendo da protagoniste l’accoglienza e la vita commerciale del paese. Facendo parte dell’amministrazione comunale. O mettendo a disposizione le loro doti canore, o ancora manifestando le qualità di acconciatrici che le hanno portate a lavorare con successo per il cinema e per la televisione.
“Spero che, dopo questa terribile pandemia, aggiunge l’autore, torni a tutti i castelnovesi la voglia di organizzare feste e sagre, perché questo è stato un elemento caratterizzante del borgo di Castelnuovo di Farfa e una ragione di successo della sua comunità. Spero che i magnifici eventi festivi e culturali, sempre a braccetto con l’olio, che hanno rallegrato la vita del borgo, possano tornare ad attrarre turisti e a rendere la vita della nostra comunità più serena e leggera”. “Molte persone, continua Giuseppe Manzo, ritengono che vivere in un piccolo paese sia fondamentalmente scomodo, perché tutti ti conoscono e sembrano seguire la tua vita. Nei piccoli paesi, inoltre, spesso è scarsa l’offerta di eventi culturali. Ma d’altro canto la vita nei borghi può essere speciale e farti sentire una persona, non solo un numero. Nel periodo della pandemia molti si sono sentiti più sicuri e protetti nei piccoli paesi nei quali, peraltro, la tracciabilità dei contagi è stata più facile. Per quanto mi riguarda, se potessi rivolgermi ai cittadini delle grandi metropoli, direi: se siete alla ricerca di un’abitazione e di una vita tranquilla, lontana dai disagi, dai rumori e dai ritmi della grande città, è un piccolo paese di campagna la meta più vantaggiosa e non solo sul piano economico”.
Certo il paese, visto con gli occhi di chi non è più giovane e viene dalla grande città, non può che sembrare innanzitutto tranquillo, “serenamente” noioso, felicemente lontano dal traffico e dal peso della vita quotidiana della capitale. Ma i giovani che sono nati in un piccolo paese non sarebbero del tutto d’accordo. Forse, neanche l’autore lo sarebbe stato quarant’anni fa. Il periodo di lockdown, più o meno continuo, che abbiamo vissuto dal marzo del 2020, a causa della pandemia da Covid-19, ha fatto sentire a tutti una grande nostalgia della vita a passeggio in paese o di sosta in compagnia davanti ai piccoli bar del centro. Ma la comunità non ha mai perso la speranza e la voglia di tornare alla vita di sempre. I saluti, qualche volta il calore degli abbracci, ma soprattutto le chiacchiere, seduti vicini sul muretto o sulle panchine a parlare di tutto e ad ascoltare soprattutto i più anziani, che ci hanno permesso di conoscere la vita, gli usi, gli aneddoti e gli eventi del paese di un tempo. Alcuni anziani del paese hanno raggiunto e raggiungono fortunatamente una veneranda età. Molti di essi in punta di piedi ci hanno lasciato tra lo sgomento non solo di familiari e amici, ma di tutto il paese.
Più di qualcuno e diversi giornalisti hanno sostenuto che Castelnuovo di Farfa è un borgo pulsante per i suoi tanti eventi annuali e per i suoi social molto attivi e condivisi. La giovane amministrazione comunale, impegnata da anni in una decisa e continua azione di miglioramento, il Parroco, i soci del Centro Anziani, i giovani della Pro Loco e qualche associazione sono, come in tanti borghi, i protagonisti della vita sociale del paese, che ha un piccolo teatro e alcuni luoghi di incontro, sedi di eventi culturali e di momenti di gustosa convivialità. In questa vita di paese, tranquilla e senza troppi scossoni, si accendevano ogni anno, prima dell’era Covid, eventi e feste che interrompevano piacevolmente la quotidianità. Tutta la comunità era coinvolta, non solo come spettatrice, ma anche nell’organizzazione, come nel caso della più importante e famosa festa del paese, Fiorile.
Un borgo come Castelnuovo di Farfa non poteva non offrire un’ottima accoglienza. Infatti una serie di piccole imprese familiari offrono pernottamento e ristorazione di buon livello, affiancate da una rete di bar e di negozi che danno un buon servizio, insostituibile per chi non guida. Questa rete di accoglienza, che è sempre pronta anche per i turisti, ha permesso al paese di vivere dignitosamente anche nel periodo del lockdown, quando gli spostamenti erano molto limitati.
“Nella dura vita della pandemia, infatti, conclude l’autore del libro, ristoratori, bar e negozi sono stati una delle carte vincenti della comunità di Castelnuovo di Farfa, che nel periodo più difficile ha saputo offrire la massima solidarietà a quanti avevano dovuto affrontare difficoltà economiche e solitudine. Infatti, durante il lockdown della primavera 2020, ebbe successo il motto “chi può metta, chi non ha prenda”, ovvero chi aveva qualche mezzo in più faceva un po’ di spesa per quanti avevano perso il lavoro o comunque avevano visto ridursi le entrate economiche a causa del Covid-19. Poi fu la volta del dono del “tampone sospeso”, offerto dalla comunità a chi aveva un momento di difficoltà. Grazie al cuore dei castelnovesi, all’amministrazione comunale, al Centro Anziani, alla Pro Loco, a giovani volontari e al Parroco don Florent questa delicata attività fu svolta per qualche mese, con efficienza e nella discrezione più completa. Fare del bene ma in silenzio è la strada che tutti dobbiamo imparare a percorrere, anche perché prima o poi tutti abbiamo bisogno degli altri”.
“Nessuno si salva da solo”, aveva ammonito Papa Francesco, solo sul sagrato di San Pietro il 27 marzo 2020, in un momento assai difficile per l’Italia e il mondo intero.