Disparità retributive e lavoro povero nel reatino. Paolucci (Uil): “A Rieti il primato degli stipendi più bassi del Lazio. I più giovani non arrivano a 9mila euro l’anno”
Poco più di 16mila euro, per la precisione 16.267. Questo il compenso medio nel 2021 dei lavoratori dipendenti del settore privato nel nostro territorio. Il valore più basso tra le province laziali e per questo molto distante dalla media regionale, pari a quasi 22mila euro. Il dato è contenuto nel dossier che la Uil Lazio e l’istituto di ricerca Eures hanno elaborato per fotografare l’andamento dei salari delle quasi 30mila persone occupate nel settore privato (escluso quello agricolo) della provincia di Rieti, ottenendo così dati non sovrapponibili a quelli delle dichiarazioni fiscali, che infatti racchiudono anche redditi diversi, come ad esempio quelli da fabbricati o terreni.
Risalendo al 2019, il dossier registra un sostanziale rientro ai valori precedenti la pandemia, con una variazione nominale complessiva pari al più 0,2 per cento (26 euro in termini assoluti). Ma non certo ai livelli del 2011, quando la media annuale era di 16.856 euro, valore che collocava la provincia di Rieti al terzo posto nel Lazio, dopo Roma e Frosinone.
Concentrando l’attenzione sull’analisi di genere, notiamo come le lavoratrici nel 2021 abbiano ricevuto compensi lordi medi annui pari a 12.863 euro, contro i 19.023 euro dei colleghi uomini, con uno scarto annuo di 6.159 euro. “Sebbene nel 2011 la differenza di retribuzione fosse ancora più elevata e le donne del territorio annualmente si trovassero in tasca 6.558 euro in meno rispetto ai colleghi uomini – dice Alberto Paolucci, Segretario generale della Uil di Rieti e della Sabina Romana – l’esigua riduzione che il dossier ha registrato ripropone in tutta la sua urgenza la necessità di interventi mirati per ridurre questo gap, perché con salari ridotti e meno denaro da investire, cresce ulteriormente il rischio di difficoltà economiche ed esclusione sociale”.
Dall’approfondimento Uil Eures si osserva come le retribuzioni crescano all’aumentare dell’età anagrafica dei lavoratori, raggiungendo il livello minimo tra gli under 25 (8.655 euro nel 2021) e il valore massimo di 19.523 euro nella fascia di età compresa tra i 55 e i 64 anni, mentre tra gli over 65 si osserva un nuovo decremento dei compensi, determinato dalla riduzione del numero di mesi annui lavorati da parte dei lavoratori in uscita per il raggiungimento dell’età pensionabile.
Se poi si osservano i risultati relativi alle diverse qualifiche professionali, si segnala in particolare come nell’ultimo decennio la perdita del potere di acquisto delle retribuzioni abbia coinvolto esclusivamente le categorie di dipendenti con redditi da lavoro più esigui: la flessione reale è trainata dagli operai (meno 9,8 per cento), mentre quadri e dirigenti mostrano variazioni di segno opposto, pari rispettivamente al più 5 per cento e al più 23,2 per cento. In pratica se nel 2011 un dirigente percepiva una retribuzione media annua pari a 6,3 volte quella di un operaio, tale rapporto è salito a 8,6 nel 2021. Il tutto, tradotto in cifre assolute, significa che se gli operai nel 2011 guadagnavano mediamente 14.729 euro si sono ritrovati nel 2021 a percepire un salario medio di 14.652 euro. Mentre i dirigenti che nel 2011 erano retribuiti mediamente con 92.832 euro, nel 2021 hanno ricevuto compensi medi annuali di 126.104 euro. “Una forbice retributiva che attraversa trasversalmente il settore privato, tagliando aspettative, speranze e qualità della vita delle lavoratrici e dei lavoratori – dice Paolucci – concentrando ricchezza tra pochi e distribuendo disagi a pioggia a tante persone”.
Disagi che aumentano anche perché il lavoro è sempre più precario. I dati del dossier Uil Lazio Eures mostrano come i lavoratori a tempo indeterminato, che nel 2011 erano circa l’80 per cento del totale dei dipendenti, rappresentino adesso il 64,2 per cento del totale. A questa flessione è corrisposta una contestuale crescita degli occupati a tempo determinato: mentre nel 2011 tale condizione coinvolgeva circa un lavoratore su 5 (il 20,3% del totale), il rapporto sale a oltre uno su 3 nel decennio successivo (35%). In cifre, le retribuzioni dei lavoratori a tempo indeterminato nel 2021 hanno raggiunto l’importo medio di 20mila euro, quelle dei lavoratori a tempo determinato poco più di 8mila euro, mentre gli stagionali poco più di 5mila euro.