“D’amor di poesia e d’esistenza”:

 
di Lorena Paris
 
Per Davide Ghaleb Editore, è uscito il libro
 “D’ AMOR DI POESIA E D’ESISTENZA”
Presentato  a Viterbo. 
Si tratta di una raccolta di testi scritti da Giuseppe Stefanoni, nato a Grosseto ma trasferitosi, da bambino, a Viterbo, dove ha vissuto. 
Stefanoni è stato un autore prolifico di poesie, poemetti, sonetti e profonde riflessioni.
La pubblicazione è stata curata da Silvana Alario che ha compendiato gli innumerevoli scritti di Stefanoni e che, in una sua nota al libro, descrive il complesso lavoro di ricerca, raccolta e trasposizione dei tanti manoscritti. Inoltre, il volume contiene un toccante ricordo personale di Ilaria, la figlia dell’autore, un prezioso contributo critico di Marilena Fonti e una testimonianza di Marcella Zingarini. Attraverso la lettura della silloge, “incontriamo” un uomo la cui vita è stata permeata da grandi passioni: attivismo politico, sociale e amore per la letteratura, della più variegata. Studioso di lingue arcaiche, ha amato l’approfondimento dei classici, tra i quali quelli francesi e russi, e dei poemi epici. La passione di Stefanoni per la poesia è palpabile. Un amore coltivato con la lettura e conoscenza dei grandi poeti, del passato e del suo presente. Chi ama la poesia, infatti, se ne nutre e questo bisogno, che definirei naturale, fortifica l’ esigenza di fermare – con un foglio e una penna – il proprio sentire, il proprio sentimento: l’essere e il vivere. Il saper “ascoltare e ascoltarsi”, il saper/voler guardare il mondo, con attenzione al passato, alla tangibilità del presente, alla visione del futuro. La lettura dei poeti, infatti, mette in buona relazione il nostro io, con noi stessi e con gli altri. L’ amore per la parola ha un potere illuminante e concilia una sorta di processo di sedimentazione, nel profondo, della bellezza del verso. Non a caso, fioriscono negli scritti di Giuseppe Stefanoni riferimenti ai classici, citazioni, sonorità, lemmi preziosi. La sua poesia respira di natura e di naturalità, di luoghi, di terre e, sovente, di amore per la figlia, alla qualche ha dedicato numerose liriche. 
Nei suoi versi, si ritrova costantemente dedizione per il linguaggio poetico, linguaggio che egli dimostra di conoscere bene e che sa usare con maestria. 
Scrive con fluvialità, toccando temi che appartengono alla vita sociale, personale, affettiva, e ne fa un racconto curato, in cui il significato e il significante sono elementi potenti. Le numerose figure retoriche a cui ricorre sapientemente, lo elevano a poeta amante della bellezza della parola e della potenzialità della stessa. Scritti pregevoli, sia per la profondità del contenuto, e quindi del “messaggio”, sia per il sapiente uso della metrica. 
Scelgo, per le lettrici e i lettori di Sabina Magazine, di proporre una composizione presente nella raccolta e che ritengo molto suggestiva. 
 
 
 
L’ attimo fuggente  
 
 
Quali speranze ci saranno in questa /
sera d’autunni e giovinezze insieme /
che tra loro si fanno lontananze? /
Solitudini che non si confrontano /
e restano per questo solitudini. /
La parola, così, non è che suono /
vuoto, mesto e contrito, nonostante /
il rito d’un sorriso, o sgangherato, /
riso improvviso ch’ esploda da niente. /
Grave di nembi, non ha tuono il cielo /
si va per grotte e ognuno è solo /
senza raggio di sole che trafigga /
l’attimo bello, l’attimo fuggente: /
tutto ciò è concluso prima che si formi: /
non ci sono più stormi di pensieri, /
ed oggi è uguale a ieri, del domani /
sembra quasi ci sia certezza estrema: /
non si rema sul mare, ma entro chiusi /
stagni che s’allargano all’argento /
contornato di pioppi dei lacustri /
specchi, su cui s’affaccino Sirmioni /
perle di vita amata e disperante. /
 
 
 
 
Un testo che rappresenta chiaro esempio di come la poesia del passato, benevolmente sedimentata nell’ animo del poeta, costituisce illuminante ispirazione. Belle e calzanti le colte citazioni: nel “raggio di sole che trafigga”, nel “domani …sia certezza estrema”, “l’attimo bello, l’attimo fuggente”. 
Versi arricchiti da frequenti ed eleganti consonanze e che raccontano il sentimento della solitudine, il bilancio della vita: le speranze, gli anni della maturità e della giovinezza. La bellezza della natura è metaforicamente in connubio sentimentale con l’autore: “sere d’autunni, il cielo senza tuono grave di nembi, il raggio di sole, il mare, i pioppi dei lacustri specchi.” 
I pensieri che assumono la fisicità volteggiante degli stormi, danno vita a una similitudine raffinata , così come curate sono le parole che richiamano ancora una volta alla solitudine: “non si rema sul mare, ma entro chiusi stagni”. 
La poesia rimanda all’ eterno movimento, all’agire del pensiero; il verso fluttua dentro immagini altamente distintive, come distintivo (e sofferto) è certamente il verso finale.   
 
Lorena Paris 
 

Author: redazione