di Giorgio Giannini
Il 16 giugno 1846 è eletto Papa, con 36 voti su 50 votanti (non c’erano i Cardinali stranieri perché non arrivarono in tempo a Roma per il Conclave) il Cardinale Giovanni Maria Mastai Ferretti, Vescovo di Imola, che assume il nome di Pio IX.
Il nuovo Papa attua una serie di riforme che gli attirano la simpatia dei liberali, non solo italiani. Infatti, il 17 luglio 1846 (appena un mese dopo l’elezione) concede l’amnistia ai condannati politici e consente il ritorno degli esiliati.
L’8 agosto 1846 è nominato Segretario di Stato il Cardinale Tommaso Pasquale Gizzi (un riformista moderato), che era stato uno dei candidati per la elezione a Pontefice.
Pio IX emana nel 1847 altre riforme: il 5 marzo con un editto introduce una limitata libertà di stampa; il 19 aprile istituisce la Consulta di Stato (un organo consultivo del Governo, che è insediato il 15 novembre); il 12 giugno, con un Motu proprio istituisce il Consiglio dei Ministri, che però non comprende nessun laico; il 5 luglio istituisce la Guardia Civica (un corpo di polizia popolare, che entra in servizio dopo appena 10 giorni, il 15 luglio). In dissenso con queste riforme, in particolare con l’istituzione della Guardia Civica, il Cardinale Gizzi si dimette da Segretario di Stato.
Il Papa nomina al suo posto il cardinal Gabriele Ferretti, suo cugino.
Il primo ottobre 1847 è istituito il Comune di Roma.
Il 23 dicembre 1847 si riforma l’Amministrazione centrale costituendo un Governo composto da nove Ministeri, in parte affidati a laici dal febbraio 1848.
Il 14 marzo 1848 Pio IX, su pressione dei liberali, concede lo Statuto, che prevede un Parlamento composto da due Camere: l’Alto Consiglio, di nomina pontificia (costituito il 13 maggio 1848) ed il Consiglio dei Deputati, elettivo (le elezioni si tengono il 20 maggio 1848).
LA PRIMA GUERRA DI INDIPENDENZA
Nella primavera 1848 molti Stati italiani decidono di attaccar e l’Austria.
Il 21 marzo il Granduca di Toscana Leopoldo II dichiara guerra all’Austria (il cui imperatore Ferdinando I era suo cugino) ed invia un Esercito di 7.000 soldati nel Lombardo Veneto.
Il 23 marzo anche il Re di Sardegna Carlo Alberto di Savoia dichiara guerra all’Austria e passa con l’Esercito il fiume Ticino, che segna il confine tra il Piemonte e il Lombardo Veneto, dando così inizio alla Prima Guerra di Indipendenza, che durerà fino all’estate 1859.
Il giorno dopo, 24 marzo 1848, il Governo pontificio decide la partecipazione alla guerra contro l’Austria di una Divisione (circa 7.500 uomini), al comando del generale piemontese Giovanni Durando (che era da marzo comandante generale delle truppe pontificie), affiancata da circa 4.000 volontari dei Corpi Franchi. Due giorni dopo si aggiunge una Divisione delle Guardie Civiche e la Legione dei volontari pontifici (con circa 7.000 soldati), provenienti da varie regioni dello Stato Pontificio, al comando del generale Andrea Ferrari.
Il 17 aprile 1848 Pio IX dispone l’abbattimento delle mura del Ghetto, istituito il 14 luglio 1555 dal Papa Paolo IV (Giovanni Pietro Carafa) con la Bolla Cum nimis absurdum, ma gli ebrei devono continuare a vivere al suo interno.
Il 22 aprile le truppe pontificie iniziano le operazioni belliche varcando il Po, che segna il confine con il Lombardo Veneto.
LA DELUSIONE DEI LIBERALI VERSO PIO IX
Però, pochi giorni dopo, il 29 aprile, il Papa pronuncia una Allocuzione contro la guerra all’Austria, che comporta il ritiro delle truppe pontificie dal conflitto, in quanto l’esercito pontificio deve soltanto difendere la ‹‹integrità e la sicurezza›› dello Stato.
Questa decisione del Papa suscita lo sdegno dei liberali che hanno riposto molte speranze nella sua politica riformatrice.
Però il generale Durando non ubbidisce al Papa ed occupa le città venete di Padova e di Vicenza, evacuate dagli Austriaci, che si sono ritirati nella fortezza di Verona, dove si trova anche Radetzky.
Il 24 maggio 1848 Durando respinge a Vicenza l’attacco di 20.000 soldati austriaci per riprendere la città. In seguito Radetzky, sconfitto il 30 maggio a Goito dai piemontesi, attacca il 10 giugno con un forte esercito di 40.000 soldati Vicenza che capitola. Durando, in cambio della evacuazione di Vicenza e di Treviso, ottiene di ripassare con le sue truppe residue il Po, con la promessa però di non riprendere la guerra prima di tre mesi.
Intanto, a Roma i liberali manifestano più volte contro il Papa, che è considerato tra i maggiori responsabili della sconfitta nella guerra contro l’Austria. Anche i governi piemontese, toscano e veneziano inviano proteste al Cardinale Giacomo Antonelli, Segretario di Stato pontificio. La Guardia Civica occupa Castel S. Angelo. Si dimettono 7 Ministri (tra cui Marco Minghetti).
Il primo maggio il Papa emana un Proclama nel quale afferma: ‹‹Noi siamo alieni dal dichiarare la guerra›› ed invita i cittadini a rispettare ‹‹chi li governa››. Quindi, il 3 maggio affida l’incarico di formare il nuovo Governo al conte Terenzio Mamiani ed invia una lettera all’imperatore austriaco Ferdinando I invitandolo a rinunciare al Lombardo Veneto, il quale però non gli risponde. Mamiani accetta l’incarico; il 5 giugno inaugura il Parlamento, ma il 12 luglio si dimette perché non condivide la politica neutralista del Papa.
Intanto, dopo aver sconfitto le truppe piemontesi il 25 luglio 1848 a Custoza l’esercito austriaco entra nelle Legazioni pontificie dell’Emilia-Romagna. Occupata Ferrara gli austriaci entrano a Bologna; però la popolazione insorge e li costringe a passare il Po, rientrando nel Lombardo Veneto. Questa azione militare austriaca é duramente condannata dal Ministro dell’Interno pontificio, il conte Fabbri, che parla di ‹‹attentato alla Stato della Chiesa›› e di ‹‹eroica difesa›› della popolazione bolognese.
LA CRISI POLITICA DELLO STATO PONTIFICIO
Il 2 agosto 1848 Pio IX, per cercare di tenere sotto controllo il malcontento popolare, incarica di formare il Governo il conte Edoardo Fabbri, liberale, che aveva patito per alcuni anni il carcere per le sue idee. Poiché anche Fabbri si dimette il 16 settembre 1848, il Papa incarica il Segretario di Stato, Cardinale Soglia, di trovare una personalità per cercare di formare un nuovo Capo del Governo. Il Cardinale Soglia riesce a convincere il conte Pellegrino Rossi, già ambasciatore del Re francese Luigi Filippo, che era rimasto a Roma dopo la rivoluzione di Parigi del 22-24 febbraio, che aveva portato alla proclamazione della Seconda Repubblica. Rossi attua alcune riforme a carattere sociale, dando la pensione alle vedove di guerra ed ai feriti. Nomina inoltre Ministro della Guerra il generale Carlo Zucchi, che è un patriota. In questo modo, però, si aliena l’appoggio della Curia e degli ambienti conservatori. Inizia quindi una politica moderata che gli aliena anche le simpatie degli ambienti liberali, diventando ben presto impopolare. Il 15 novembre, mentre si reca in Parlamento (che ha sede nel Palazzo della Cancelleria, vicino a Campo de’ Fiori) per la riapertura dei lavori parlamentari, Rossi è ucciso a pugnalate da un’estremista.
Intanto il 16 novembre una folla di cittadini, chiamati a Piazza del Popolo da Ciceruacchio, alla quale si uniscono molte Guardie Civiche, attraversa la città per raggiungere il Quirinale (la residenza del Papa). Qui giunta, la folla chiede a gran voce la formazione di un governo democratico, la elezione di una Assemblea Costituente e la ripresa della guerra contro l’Austria. Il Papa convoca Giuseppe Galletti, liberale, il quale si riserva di decidere. Poco dopo ritorna al Quirinale con una delegazione del Circolo Popolare, una associazione politica di chiare tendenze liberali, che avanza le stesse richieste fatte dalla folla. Im seguito il Papa convoca il Corpo diplomatico per fare presente che agiva ‹‹sotto costrizione›› della folla e che avrebbe considerato nulle tutte i provvedimenti del Governo che era costretto a nominare.
Dopo la rinuncia di Galletti, il 20 novembre 1848, il Papa nomina Mons. Carlo Emanuele Muzzarelli (di idee liberali moderate) Capo del Governo, costituito da 6 Ministri (Mariani agli Esteri; Galletti agli Interni ed alla Polizia; Campello alla Guerra; Lunati alle Finanze; Sereni alla Giustizia; Sterbini al Commercio ed ai Lavori Pubblici).
Intanto, il 9 ottobre nel Granducato di Toscana Leopoldo II ha fatto dimettere il governo moderato di Gino Capponi (in carica da appena un mese, dal 17 agosto) ed il 27 nomina Capo del governo il democratico Giuseppe Montanelli che affida il Ministero dell’Interno a Francesco Domenico Guerrazzi ed inaugura una politica volta all’unione con gli altri Stati italiani in una Confederazione.
LA FUGA DA ROMA DI PIO IX
Intanto, Pio IX temendo per la sua incolumità, la notte tra il 24 ed il 25 novembre, abbandona la città, vestito da prete, in carrozza, insieme con il conte Spaur, ambasciatore della Baviera, e di sua moglie, rifugiandosi a Gaeta, ospite del Re delle Due Sicilie Ferdinando II. Incarica il marchese Sacchetti, Furiere Maggiore dei Sacri Palazzi, di comunicare la sua partenza al ministro Galletti, raccomandandogli la ‹‹quiete e l’ordine della città››. Galletti informa il Corpo Diplomatico e fa affiggere un manifesto per informare la popolazione che il Papa non è più a Roma.
Il 27 novembre 1848, il Papa nomina una Commissione per dirigere temporaneamente gli affari civili dello Stato, esautorando di fatto il Governo, ma non riesce a funzionare in quanto i membri si dimettono l’uno dopo l’altro.
Intanto, il Consiglio dei Deputati decide di fare una trattativa con il Papa per convincerlo a tornare a Roma. Così il 6 dicembre incarica una Commissione di 5 altee personalità (laiche e religiose) di andare a Gaeta a trattare con il Papa, ma le guardie di confine napoletane impediscono ai membri di entrare nel Regno e di andare a Gaeta per incontrare il Papa. Quindi sono costretti a tornare a Roma senza aver concluso nulla.
Il 12 dicembre il Consiglio dei Deputati (la Camera eletta il 20 maggio) affida i poteri del Governo, ‹‹fino al ritorno del Pontefice››, ad una Giunta Suprema di Stato, composta da tre non parlamentari, eletti a maggioranza assoluta: il conte Filippo Camerata (Gonfaloniere di Ancona), il principe Tommaso Corsini (Senatore -Sindaco- di Roma) ed il conte Gaetano Zucchini.
Il 17 dicembre Pio IX condanna come ‹sacrilegio attentato›› la costituzione della Giunta, acuendo così i contrasti con il Consiglio dei Deputati, all’interno del quale si diffondono sempre di più le idee repubblicane, anche su pressione dei Circoli politici liberali che si sono costituiti negli ultimi mesi nelle principali città dello Stato Pontificio.
LA ELEZIONE DELL’ASSEMBLEA COSTITUENTE
Il 20 dicembre la Giunta annuncia con un Proclama la convocazione della Assemblea Costituente.
Il 23 dicembre si dimettono i Ministri Mamiani, Lunati e Sereni, che sono sostituiti da Carlo Armellini (Ministro dell’Interno), Federici Galeotti (Ministro della Giustizia) e da Livio Maiani (Ministro delle Finanze). Il Capo del Governo, Mons. Muzzarelli assume i Ministeri degli Esteri e dell’Istruzione.
Il 26 dicembre la Giunta scioglie le due Camere.
Il 29 dicembre 1848, in seguito alle dimissioni del principe Corsini, la Giunta ed il Governo si costituiscono in Commissione Provvisoria di Governo per guidare lo Stato ‹‹fino alla convocazione dell’Assemblea Costituente››, formata da 200 Rappresentanti del Popolo (due per ogni Circondario elettorale) di cui è indetta l’elezione per il 21-22 gennaio 1849. Le modalità della votazione, a suffragio universale maschile, sono emanate il 31 dicembre con una specifica Istruzione. Possono votare i cittadini maschi che hanno compiuto 21 anni e sono eleggibili coloro che hanno compiuto 25 anni.
Il primo gennaio 1849, il Papa emana un Motu proprio con il quale condanna la convocazione dell’Assemblea Costituente e commina la scomunica sia a coloro che avevano emanato il provvedimento che a coloro che avessero partecipato alla consultazione elettorale. Armellini replica alla scomunica affermando la piena legittimità del suffragio universale.
La Commissione Provvisoria di Governo adotta dei provvedimenti per garantire la sicurezza delle elezioni da parte della Guardia Civica, alla quale possono arruolarsi anche i diciottenni.
Il 12 gennaio 1949, al Teatro Metastasio di Roma si svolge un’affollata Assemblea popolare per discutere delle elezioni per l’Assemblea Costituente. Si decide, in particolare, che l’Assemblea si sarebbe dovuta chiamare “Italiana”.
Alle elezioni del 21 gennaio 1849 partecipano circa 250.000 cittadini (è la prima consultazione popolare di massa effettuata in Italia). E’ un grande successo considerata la situazione politica, con la scomunica papale.
Sono eletti 179 Rappresentanti del popolo (su i 200 previsti), tra i quali ci sono una diecina di liberali non residenti nello Stato Pontificio: uno di questi è Giuseppe Garibaldi, eletto a Macerata.
LA PROCLAMAZIONE DELLA REPUBBLICA ROMANA
L’Assemblea Costituente apre i lavori la mattina del 5 febbraio 1849. Durante l’appello, alcuni presenti (tra cui Giuseppe Garibaldi e Carlo Bonaparte) inneggiano alla Repubblica.
Il 7 febbraio, è eletto Presidente Giuseppe Galletti. Vicepresidenti Sono eletti Aurelio Saffi e Luigi Masi. Si eleggono anche 4 Segretari (tra cui Quirico Filopanti) e due Questori (tra cui Mattia Montecchi).
L’Assemblea inizia a discutere la ‘forma di Stato’ e si scontrano subito le posizioni dei radicali e dei moderati: i primi sono favorevoli alla proclamazione della Repubblica; i secondi sostengono la conservazione del Papato, i cui poteri devono comunque essere regolati da una Costituzione.
L’Assemblea Costituente, nella seduta notturna del 8-9 febbraio 1849 discute la bozza del Decreto Fondamentale, preparato da Quirico Filopanti, che dichiara la decadenza del potere temporale del Papa ( al quale sono comunque conservate le guarentigie necessarie per l’esercizio del potere spirituale ) ed istituisce la Repubblica Romana. L’Assemblea approva, alle due di notte del 9 febbraio, il Decreto Fondamentale a stragrande maggioranza (118 favorevoli, 8 contrari e 12 astenuti). Il motto della Repubblica è ‹‹Dio e Popolo››.
La mattina del 9 febbraio , il Presidente dell’Assemblea, Giuseppe Galletti, legge dal balcone del Palazzo Senatorio, sul colle del Campidoglio, il Decreto Fondamentale istitutivo della Repubblica Romana, davanti ad una folla entusiasta e festosa che gremisce la Piazza del Campidoglio. Alla votazione ed alla proclamazione assiste la giornalista americana Margaret Fuller, corrispondente del quotidiano New York Daily Tribune.
A capo della Repubblica è posto un Comitato Esecutivo, composto da Carlo Armellini, Aurelio Saliceti e Mattia Montecchi.
Il 12 febbraio, l’Assemblea decide di adottare come bandiera della Repubblica il Tricolore verde bianco rosso, con l’aquila romana sull’asta.
Il 18 e il 19 febbraio, si tengono le elezioni suppletive nei collegi lasciati vacanti dai Deputati che, risultati eletti in più collegi, hanno dovuto optare per una sola sede. A Roma viene eletto Giuseppe Mazzini.
Il 18 febbraio il Cardinale Antonelli, Segretario di Stato, su incarico di Pio IX invia ai sovrani dell’Austria, della Francia, delle Due Sicilie e della Spagna (tutti Paesi cattolici) una nota diplomatica con la quale chiede loro di ‹‹concorrere, con ogni sollecitudine…a conservare integro il patrimonio della Chiesa e la sovranità che vi è annessa››. In pratica chiede alle Potenze cattoliche europee di intervenite per restaurare il potere temporale del Pontefice. Lo stesso giorno, Radetzky ordina alle truppe di entrare nello Stato pontificio e viene subito occupata Ferrara.
LE RIFORME ATTUATE DALLA REPUBBLICA
Fin dal mese di febbraio il Comitato Esecutivo emana una serie di provvedimenti per riformare in senso democratico tutte le istituzioni dell’ex Stato Pontificio.
Le riforme interessano ogni settore della vita pubblica. Vengono aboliti: i Tribunali Ecclesiastici (il S. Uffizio, la Sacra Rota e la Segnatura); la giurisdizione dei Vescovi sulle scuole e le Università; la censura sulla stampa; il dazio sul macinato e sul sale. Si sciolgono gli Enti religiosi con il conseguente incameramento dei loro beni immobili da parte della Repubblica. Si emanano provvedimenti contro l’usura ed a tutela dei debitori (purché non siano commercianti). E’ anche deciso un prestito forzoso, mediante una convenzione con la Banca Romana, a favore della Repubblica di 900.000 scudi , a carico delle famiglie più ricche (latifondisti e commercianti) e delle imprese industriali e commerciali. Si inviano in dono 100.000 scudi alla Repubblica Veneta che sta resistenza coraggiosamente contro l’Austria.
Si abolisce la leva obbligatoria nell’Esercito, che è costituito da volontari, mentre è obbligatorio il servizio nella Guardia Civica, incaricata del mantenimento dell’ordine pubblico.
Si avviano trattative con la Repubblica Toscana, retta da Guerrazzi, per una unione tra i due Stati.
Il 5 marzo arriva a Roma Giuseppe Mazzini, che è accolto il giorno seguente, con entusiasmo, dall’Assemblea, la quale, su sua proposta, il 15 marzo, istituisce una Commissione di guerra, per esaminare la situazione militare, coordinata da Carlo Pisacane, che si propone l’obiettivo di arruolare 38.000 soldati (che però non sarà raggiunto). Infatti i soldati e volontari repubblicani saranno circa 20.000, la metà dei quali concentrati a Roma.
Sul piano militare, si cerca di riorganizzare l’esercito sul modello francese.