di Giorgio Giannini
La festa della Natività di Gesù è stata celebrata fin dalle origini il 25 dicembre, che cade in vicino al solstizio d’inverno, durante il quale, nell’era pagana romana, si celebrava la festa del Sol Invictus (il Sole Invitto), una divinità solare orientale, introdotta a Roma dall’imperatore Aureliano intorno al 270, che aveva anche costruito un tempio nel campus Agrippae, l’attuale Piazza S. Silvestro.
Il culto del Sole era comunque arrivato a Roma in precedenza, diffuso dagli ambienti militari aderenti alla religione mitriaca. Mitra era considerato il figlio del Sole, il dio supremo, e Sole egli stesso. Era nato da una roccia presso un albero sacro, vicino ad un fiume; portava un berretto frigio e teneva nella mano destra il coltello sacrificale e nella mano sinistra una torcia, simbolo della luce. I pastori che avevano assistito alla sua nascita, gli avevano offerto in dono primizie delle loro greggi.
La festa del Natale del Sole Invitto era stato stabilito da Aureliano al 25 dicembre, pochissimi giorni dopo il solstizio d’inverno, quando il Sole aveva ripreso il suo percorso alto nel cielo. La festa era celebrata con cerimonie e con giochi. Molti cristiani erano attratti da questa festa, che la Chiesa cercò di cristianizzare, celebrando lo stesso giorno la nascita di Gesù, che i Profeti avevano annunciato, fin dall’Antico testamento, come Luce e Sole. Nel V secolo, il Papa S. Leone Magno diede alla festa della Natività di Gesù il fondamento teologico.
LE FESTE DELL’AVVENTO
Fra il VI ed il VII secolo, la Chiesa d’Occidente stabilì un periodo di preparazione al Natale: l’Avvento (Adventus Domini), che nella precristiana rappresentava la venuta, una volta l’anno, del dio nel suo tempio. Successivamente, il termine adventus assunse il significato di visita dell’imperatore o di anniversario della sua festa.
Dal lato liturgico, l’Avvento è diviso in due parti: la prima va dai vespri della prima domenica di Avvento (che è la quarta prima del Natale) fino al 16 dicembre, durante la quale si sottolinea l’aspetto escatologico del Natale; la seconda parte va dal 17 al 24 dicembre e ci si prepara al Natale.
La festa più importante dell’Avvento è quella dell’Immacolata Concezione (ovvero che la Madonna era senza peccato originale), che si celebra l’8 dicembre. Era una festa antica, nata in Oriente per celebrare, il 9 dicembre, la Concezione di S. Anna (la madre di Maria), ispirata al Protovangelo di Giacomo, un Vangelo apocrifo.
Nonostante l’opposizione di alcuni teologi, la festa era molto seguita dai fedeli romani, tanto che ottennero dal Papa Sisto IV, nel XV secolo, che essa fosse inserita nel calendario liturgico cittadino. Nel 1708 il Papa Clemente XI estese la festa a tutta la Chiesa. Successivamente, Pio IX, con la bolla Ineffabilis Deus del 8.12.1854, proclamò il dogma dell’Immacolata Concezione, celebrato l’8 dicembre
E’ consuetudine che la notte tra il 9 ed il 10 dicembre si accendono dei falò, nel ricordo del trasporto della casa di Maria, da parte degli angeli, da Nazareth (città natale della Madonna) a Loreto, avvenuto in quella notte del 1294 secondo la tradizione. Ancora oggi, nelle campagne marchigiane, soprattutto nel Piceno, si accendono grandi fuochi, detti focaracci, per illuminare il volo degli angeli.
Altra festa importante dell’Avvento è quella di S. Nicola, che cade il 6 dicembre. Nicola nasce a Patara in Lidia intorno al 270 e diviene Vescovo di Mira in Asia Minore, dove morì intorno al alla metà del IV secolo. Nel 1087 il suo corpo fu trafugato da alcuni marinai baresi che lo portarono a Bari. S. Nicola è patrono dei marinai, dei viaggiatori, dei prigionieri e quanti soffrono.
Nel medioevo, in occasione della festa di S. Nicola, il 6 dicembre, si diffuse fra i seminaristi l’usanza di eleggere tra di loro un Vescovo (detto episcopellus o episcopus puerorum), che era il protagonista di una cerimonia parodistica in occasione della festa dei Santi Innocenti, celebrata il 28 dicembre. Il giovane vestito da Vescovo impartiva la benedizione. Durante la funzione religiosa, i preti e chierici presenti si scatenavano in una giostra carnascialesca, cantando canzoni oscene e ballando. Era la sopravvivenza delle antiche usanze precristiane dei Saturnali.
- Nicola divenne molto popolare nell’Europa settentrionale, dove il suo nome divenne Santa Claus. Successivamente si diffuse nel Nuovo Mondo, soprattutto negli USA, dove divenne Babbo natale, il cui personaggio, nel secondo dopoguerra, si è diffuso nel nostro Paese.
I Saturnali (in onore del dio che regnava sulla terra Saturnia, cioè sul Lazio) si celebravano nella Roma imperiale dal 17 al 23 dicembre, in occasione dei solstizio d’inverno. Il primo giorno era eletto il rex saturnaliorum, che regnava per tutto il periodo della festa durante la quale si praticava il gioco d’azzardo, vietato nel resto dell’anno, e si invertivano i ruoli sociali. In particolare, agli schiavi era riconosciuta la più ampia libertà: potevano farsi servire dal loro padrone ed anche burlarsi di lui. Era questa una reminiscenza della mitica Età dell’Oro (aurea aetas), durante la quale gli uomini vivevano pacificamente, senza guerre né conflitti sociali. Durante la festa, la statua di Saturno, che era legata con una fascia di lana nel suo tempio, ai piedi del Campidoglio (dove peraltro c’era l’Erario, cioè il tesoro della città), veniva sciolta a simboleggiare la libertà nei comportamenti. La Chiesa riuscì a debellare solo nel XV secolo queste usanze, spostandole dalle feste natalizie al Carnevale ed al primo aprile.
Altra festa importante dell’Avvento è quella di S. Lucia (martirizzata a Siracusa durante la persecuzione di Diocleziano), che è celebrata il 13 dicembre, quando anticamente cadeva il solstizio d’inverno per lo sfasamento tra l’anno solare e quello legale del calendario romano.
Il culto di S. Lucia si diffuse nel medioevo in tutta l’Italia ed assunse, come il Bambino Gesù (per il Natale), S. Nicola e la Befana, anche la funzione di distribuire doni ai bambini, ancora oggi conservata in alcune regioni meridionali, specie in Sicilia.
IL CAPODANNO
Nel Mondo Occidentale, l’inizio del Nuovo Anno, cioè il Capodanno, cade subito dopo la mezzanotte del 31 dicembre. In passato però non iniziava il 1 gennaio, ma cadeva in giorni diversi, variabili da Paese a Paese ed anche da città a città. Infatti, in Inghilterra ed Irlanda, dal XII al XVII secolo, si celebrava il 25 marzo, ricorrenza del solstizio di primavera ed anche dell’Annunciazione di Maria, cioè del concepimento di Gesù; in Spagna, fino all’inizio del XVII secolo, ricorreva il 25 dicembre, ricorrenza del solstizio di inverno e festa del risorgere del Sole; in Francia, fino alla metà del XVI secolo, ricorreva il giorno di Pasqua, domenica della Resurrezione (detto pertanto stile della Pasqua o francese); a Roma ed a Firenze, cadeva, fino al Settecento, il 25 marzo, ricorrenza anche dell’Incarnazione; a Venezia cadeva il 1 marzo, antica ricorrenza dell’inizio dell’anno, ed a Milano il 25 dicembre, giorno della Natività (in entrambi i casi fino al 1797, anno dell’avvento del regime napoleonico); in Sicilia, fino al XVI secolo, si seguiva sia lo stile fiorentino (Capodanno il 25 marzo, come a Firenze) che lo stile della Natività; nelle Puglie ed in Calabria cadeva il 1 settembre, secondo lo stile bizantino (orientale). Nell’antica Roma, il Capodanno ricorreva in origine il 1 marzo, ricorrenza del solstizio di primavera, quindi fu fissato al 1 gennaio dalla riforma calendariale attribuita al Re Numa Pompilio, ma la nuova data stentò ad imporsi finché nel 191 a. C. i Pontefici la fissarono di nuovo con la lex Acilia de intercalatione.
Il mese di gennaio, che aveva sostituito marzo come inizio dell’anno, fu dedicato al dio Giano Bifronte (da cui deriva il nome del mese di gennaio), che chiudeva un anno e ne apriva uno nuovo.
A Capodanno i Romani erano soliti pranzare con gli amici e si scambiavano un vaso di miele, con datteri e fichi, e dei ramoscelli di alloro, detti strenne (perché erano presi dagli alberi di un boschetto sulla Via Sacra, consacrato a Strenia, dea di origine sabina), come augurio di fortuna e felicità per il nuovo anno.
Nell’antica Roma, il giorno di Capodanno era lavorativo, con un forte valore rituale e simbolico, in modo che il nuovo anno fosse prospero dal punto di vista economico. Al nostro tempo, invece, per propiziare la ricchezza, si usa mangiare delle lenticchie, alla cena dopo la mezzanotte ed al pranzo di Capodanno.
L’ultimo giorno dell’anno è dedicato, nel calendario liturgico romano, a S. Silvestro (Papa dal 314 al 355, un periodo molto importante per il Cristianesimo riconosciuto ufficialmente come religione da Costantino con l’Editto di Milano del 313), il quale avrebbe battezzato Costantino proprio il 31 dicembre (ma la notizia è infondata perché Costantino fu battezzato prima di morire). Pertanto, il 31 dicembre ha un valore simbolico in quanto chiude l’era pagana ed inizia quella cristiana.
I festeggiamenti della notte del 31 dicembre, notte di S. Silvestro, ricordano la festa dei Saturnali, che durava una settimana e ricorreva immediatamente prima del solstizio d’inverno.
Anche i fuochi d’artificio (i botti) della notte di S. Silvestro ricordano le fiaccolate che si facevano al tempo dei Saturnali per festeggiare la rinascita del Sole, cioè del Nuovo Anno. Pertanto, le feste pagane dei Saturnali, che la chiesa Cristiana aveva cercato di cancellare per la coincidenza con la festa della Natività (Natale), sopravvivono in parte nella notte di S. Silvestro e in parte nel Carnevale (soprattutto le mascherate).
Nel VII secolo, la Chiesa Cristiana iniziò a celebrare all’ottava di natale, cioè il 1 gennaio, la festa di Maria, sostituita in seguito con la festa per la Circoncisione di Gesù, avvenuta, secondo il Vangelo di Luca, otto giorni dopo la nascita. Il Nuovo calendario liturgico ha reinserito la festa della maternità di Maria al 1 gennaio, giorno nel quale si celebra anche la giornata mondiale per la pace, istituita dal Papa Paolo VI.
L’EPIFANIA O BEFANA
La festa dell’Epifania (dal greco Epifàneia, che significa apparizione e quindi anche manifestazione della divinità) si celebra il 6 gennaio.
Inizialmente, questa festa, nata in Oriente alla metà del II secolo fra gli gnostici basilidiani (seguaci del vescovo Basilide, che credevano che l’incarnazione di Gesù fosse avvenuta non al momento della sua nascita, ma con il Battesimo, che era avvenuto il 15° giorno del mese di Tubi, cioè il 6 gennaio).
Anticamente, il 6 gennaio era anche la ricorrenza, secondo il calendario egizio, del solstizio invernale, nel quale si festeggiava il risorgere del Sole e quindi del nuovo anno. Probabilmente, proprio per il valore simbolico del 6 gennaio, la festa dell’incarnazione di Gesù fu stabilita in quel giorno.
In quel giorno i primi cristiani celebravano ben quattro ricorrenze: l’incarnazione di Gesù, il suo battesimo, l’adorazione dei Re Magi ed il primo miracolo delle nozze di Cana), per cui il termine si usò al plurale tà Epifaneia ierà, cioè le feste della manifestazione o semplicemente le Epifanie.
La festa delle Epifanie si diffuse nel IV secolo e nel V secolo anche a Roma, dove però la Chiesa romana celebrava la Natività (incarnazione) di Gesù il 25 dicembre. Pertanto, l’Epifania lentamente divenne soprattutto la festa dei Magi che portano i doni a Gesù e che rappresentano i Gentili, cioè i pagani, convertiti al Cristianesimo ( simbolicamente rappresentano la Chiesa degli Eletti).
Secondo la tradizione popolare, la notte dell’Epifania è una notte magica: si dice anche che gli animali parlino nelle stalle e nei boschi.
Sempre, secondo la tradizione popolare, diffusa in molti Paesi, anche se con nomi diversi, nella notte del 6 gennaio, la Befana (una vecchina brutta che sembra una strega e si sposta cavalcando una scopa), entra nella case in cui ci sono bambini, scendendo dal camino (simbolicamente, il luogo di comunicazione tra la terra ed il cielo) e portando doni (per i bambini buoni) e carbone (per i bambini che sono stati un po’ cattivi), che sono messi nelle calze o nelle scarpe appese al camino (o in cucina).
Tra i doni, oltre ai giocattoli, nelle calze ci sono anche i dolci, la frutta secca (noci, nocciole), i fichi secchi, la frutta invernale (arance, mandarini ed a volte anche le castagne), come buon augurio per l’anno appena iniziato.
La rappresentazione della Befana come una vecchia è il retaggio del culto pagano della Madre Natura, rappresentata alla fine dell’anno come una vecchia, che deve essere bruciata (tradizione ancora in uso in alcuni Paesi) in modo che dalle sue ceneri rinasca a Primavera. In pratica, i regali che essa porta ai bambini sono, simbolicamente, i semi grazie ai quali essa risorgerà in Primavera.