di Maria Grazia Di Mario
“Essere infermiere è essere fatti di storie che restano nel cuore di chi le ha vissute”; “l’assistenza è un’arte, la più bella delle arti belle”, sono due frasi da non dimenticare e che, meglio di altre, ispirano il corto dal titolo “Noi , la Nostra Storia” il cui autore è l’OPI Rieti (Ordine delle Professioni Infermieristiche) e che ti rimane davvero nel cuore. La prima frase venne pronunciata dalla britannica Florence Nightigale, ritenuta la fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna, la seconda (slogan di tutte le OPI d’Italia) è condivisa dallo staff di infermiere uscite dalla Scuola Infermieristica Vannini di Rieti, tra le prime istituzioni professionali nate in Italia e tra le più qualificate nel formare validi operatori sanitari in grado di integrare le competenze specialistiche con l’aspetto umano, sposando i principi camilliani di misericordia e dedizione assoluta verso i malati.
A Rieti le Figlie di San Camillo (tuttora presenti nell’Ospedale San Camillo de Lellis) hanno una storia lunga che nasce da un rapporto d’amore ed ha origine da una scelta, la scelta di Giuseppina Vannini di trasferire, nei primi anni del Novecento, il noviziato da Grottaferrata proprio a Rieti, una città che avrebbe scelto per trascorrere vari periodi dell’anno per due motivi: primo perché il noviziato era il cuore e il futuro delle Figlie di San Camillo, in secondo luogo perché la calura estiva di Roma la opprimeva, iniziando già a soffrire di problemi cardiaci. Da allora, le Figlie di San Camillo hanno caratterizzato in maniera forte la sanità cittadina, ma anche provinciale. La scelta di Giuseppina Vannini (dichiarata beata da Giovanni Paolo II e santa da Papa Francesco) ebbe frutti duraturi che portarono, dopo la sua scomparsa, ad azioni importanti, dall’assistenza per gli anziani dell’Ospizio Cerroni di via Garibaldi (con la guida affidata a suor Marcella Schirato) alla nascita, nel 1969, della Scuola professionale per infermieri (intitolata alla Madre, fondata da suor Carla Miglioli e guidata per molti anni da suor Afra Marcolongo). La scuola ha “sfornato” nel tempo – soprattutto dopo la trasformazione in corso universitario legato all’Università Cattolica del Sacro Cuore Gemelli – Campus di Roma. – quasi duemila giovani e validi operatori sanitari.
A Maria Grazia Boscardini, infermiera e consigliere nel Consiglio Direttivo OPI/ Rieti, va il merito di avere avuto l’idea di realizzare un documentario per ripercorrerne la storia e tramandarne gli insegnamenti, dopo la chiusura decisa nel 2014.
“ L’intento è anche di sensibilizzare l’attenzione pubblica su quello che è il nostro lavoro, sottostimato rispetto al coinvolgimento che abbiamo nella vita di ogni paziente – spiega la Boscardini – ho pensato che questo triste momento potesse essere un’occasione per richiamare l’attenzione sulla categoria e sull’OPI di Rieti”.
Hanno collaborato alla realizzazione del documentario le suore camilliane di Grottaferrata, quelle ancora presenti nell’Ospedale San Camillo de Lellis e le colleghe di Maria Grazia Boscardini, operative e in pensione: Leida Isadea Vergari (caposala in pensione, tesoriera dell’Opi), Ricco Cristina (caposala in pensione, consigliere dell’Opi), Stagno Felicia (caposala in pensione, Presidente dell’Opi), Testa Annalisa (infermiera, consigliere dell’Opi), Bulone Francesca (infermiera siciliana, nuova iscritta all’Opi), Picuti Giovanna Maria (infermiera e vicepresidente Opi/Rieti), con il supporto alla regia, montaggio, grafica, sonorizzazione e ottimizzazione del videomaker Mario Mostocotto.
Maria Grazia, immagino tu sia partita dalla tua esperienza personale.
“Certamente, ormai ho quasi 38 anni di servizio! Nella Scuola sono entrata nel 1980, all’interno dell’azienda ospedaliera invece rivesto ed ho rivestito vari ruoli, avendo sperimentato diverse situazioni legate al nostro mestiere che vanno dall’ emergenza all’organizzazione. Nel filmato parto dall’origine della professione infermieristica fino ai preziosi insegnamenti ricevuti a Rieti. Le numerose testimonianze sono raccolte con l’obiettivo di far capire come il nostro approccio assistenziale si sia modificato insieme alle condizioni sociali e alle scoperte scientifiche, ma sia rimasto inalterato invece nell’aspetto umano. Le competenze tecniche le possono acquisire tutti, la differenza tra operatore ed operatore la trovi nell’approccio con il malato, imprescindibile nel momento in cui scegli di fare questo tipo di lavoro. Le testimonianze delle colleghe mettono in evidenza, oltre all’importanza di una formazione al passo con la scienza e in grado di fronteggiare le sfide del cambiamento, il ruolo emotivo, di consolazione e vicinanza con il malato, un insegnamento fondamentale per la scuola Vannini, legato ai valori camilliani della misericordia, del vivere consacrati nell’aiuto degli altri e dei malati, valori che devono essere trasferiti alle generazioni più giovani”.
In quale maniera le suore camilliane hanno sostenuto questa iniziativa.
“Ho deciso immediatamente di coinvolgere le suore che hanno sede a Grottaferrata e si sono rese disponibili fornendo molto materiale presente nell’archivio storico (anche fotografie) riferito proprio all’anno di apertura della scuola e successivo di qualche anno, ciò mi ha permesso di delineare una breve storia. A Rieti il primo corso per infermieri professionali è partito nel 1969, intitolato proprio alla Madre, fondato da suor Carla Miglioli e guidato a lungo da suor Afra Marcolongo. La scelta, in accordo con il videomaker Mario Mostocotto, è stata quella di ripercorrerne le vicende come se fosse ancora attiva, proprio grazie alle camilliane è stato possibile riaprire i locali e realizzare riprese interne, nello stesso video sono coinvolte anche le camilliane presenti al De Lellis”.
Ieri e oggi, il video sembra fare un confronto che emerge anche nell’abbigliamento, dal camice da infermiera tipico dei primi del Novecento alle divise medico sanitarie per il coronavirus …
“Certamente, è stata una mia idea, io puntavo molto sul discorso ieri e oggi, su come eravamo e come siamo diventati, attraverso foto e testimonianze. Nel video una delle allieve del primo anno di corso racconta la sua esperienza con suor Carla che, in quel momento, era la direttrice di questo corso per infermieri, delle peculiarità di quegli anni, della scuola che, in realtà, era all’avanguardia rispetto ai tempi, anche perché suor Carla era una persona che aveva veramente grande esperienza sia in Italia che all’estero. Sapeva interagire con gli allievi, cercando di estrapolarne i potenziali tanto che, in base alle predisposizioni, li aiutava post diploma ad indirizzarsi verso il pediatrico, l’emergenza, o i coordinamenti. E questo è un aspetto molto innovativo, considerando che stiamo parlando del 1969. Un’altra infermiera racconta il successivo passaggio agli Anni Settanta, nel 1977 , in particolare, spiega come è avvenuto l’inserimento universitario ed anche quella è stata una tappa molto importante. Ho inserito poi il tema “lavoro o vocazione”, entrambi correlati ma che possono essere intesi con due punti di vista completamente diversi, vediamo che l’anziana lo rappresenta come una vocazione, la persona giovane ci dice “ io l’ho scelto non per vocazione ma come una necessità, però adesso mi rendo conto che è il mio lavoro e quando la mattina mi alzo so che è quello che voglio fare!”. Poi ho voluto rappresentare, sempre attraverso le interviste, il cuore di ieri uguale al cuore di oggi, ossia le emozioni che deve suscitare il rapporto con il malato. Essere infermieri non è solo un lavoro, ma è uno stile di vita che porti anche nel tuo quotidiano, nella tua famiglia, nel rapporto con gli amici, in tutto quello che fai, infine affronto il tema del pensionamento, il distacco da un ambiente che ti manca e allora c’è chi lo incrementa continuando a fare attività di tipo associativo, o chi si inserisce nell’Ordine per rimanere in contatto con ambienti giovani e con altre colleghe. Viene messa in risalto anche l’ interazione tra il nuovo infermiere carico di entusiasmo, a volte anche un po’ troppo sopra alle righe, e la persona più anziana che mitiga un pochino, con la sua esperienza, questa esuberanza” .
Quindi è importante l’apporto di persone più mature.
“ Il video spiega l’importanza di tutti, nessuno escluso”.
Viene affrontato il tema dell’assistenza in tempi di Covid 19?
“Certamente, sia sul territorio che in ospedale. Dal punto di vista del territorio quando entriamo nelle abitazioni la percezione che si ha è quella di trasformarci in un caro amico, o un familiare, con il timore però di rappresentare un rischio per il paziente, accompagnato dalla paura del paziente di venire contagiato, mentre all’interno della struttura ospedaliera è evidenziata la tristezza di essere state le ultime persone a dare il saluto alle persone decedute per coronavirus. Voglio sottolineare che il regista ha interpretato in maniera eccellente il mio intento, quello di trasmettere emozioni e di suscitare sensibilità ed empatia nei nostri confronti, una sensibilità per la nostra storia, una sensibilità per il nostro passato, ma anche per il nostro presente, una sensibilità che dovrà colpire anche le istituzioni”.
il video è in uscita (lo troverete sul sito OPI Rieti) e su SABINA
http://OPI Rieti – Ordine delle Professioni Infermieristiche di Rieti