di Maria Grazia Di Mario
La storia del “Volto Santo” inizia ai tempi del Vescovo Gualfredo, si racconta che durante un pellegrinaggio nei Luoghi Santi, grazie ad un sogno, rinvenne in una grotta il Volto Santo scolpito dal discepolo Nicodemo con lo scopo di tramandare le vere sembianze di Gesù Cristo (a guidarne la mano la grazia divina). Il Volto Santo, rimasto nascosto fino all’VIII secolo, fu così posto su una barca priva di equipaggio a Joppe e attraversò tutto il Mediterraneo, fino a raggiungere Luni. Nel frattempo il Vescovo di Lucca, Giovanni I, una notte, ebbe in visione un angelo che gli fece un annuncio: doveva recarsi a Luni perché solo a lui sarebbe stata consegnata la barca con il prezioso contenuto.
Naturalmente sorsero contrasti tra le due città e la definitiva decisione su quale delle due dovesse ospitare la reliquia fu affidata a due buoi i quali, scegliendo da che parte tirare il carro su cui era posta la scultura, verso Luni oppure in direzione di Lucca, avrebbero espresso la volontà divina. Nel 782 il Volto Santo fu trasportato solennemente a Lucca, in cambio Luni ricevette dal Vescovo lucchese un’ampolla, rinvenuta in uno scomparto alla base della croce, con il sangue di Cristo, che ancora oggi è conservata a Sarzana. Il Crocifisso fu posto immediatamente nella Chiesa di S. Frediano, al mattino seguente però era sparito. Solo dopo un gran cercare venne ritrovato negli orti vicini al Duomo e da allora, interpretando la scomparsa e il ritrovamento come un segno miracoloso, il Volto Santo è custodito in San Martino.
Per valorizzare il Volto Santo di Lucca (il più antico, il primo arrivato in Italia e venerato fin dal Medioevo) è stato realizzato addirittura un Cammino, il Cammino del Volto Santo, dalla Lunigiana, alla Garfagnana, fino a Lucca, visitato da decine di pellegrini ogni anno.
Una leggenda straordinaria che lega fortemente due realtà, la più nota ed antica, di Lucca, che ha saputo custodirne la presenza (fin dal Medioevo), con quella di un paesino del reatino, VALLECUPOLA, dove oggi vivono solo una trentina di abitanti (la maggior parte anziani) ma che conserva (a testimonianza di una storia gloriosa, ancora tutta da approfondire) all’interno della Chiesa della Madonna Della Neve (sulla piccola piazza principale) l’affresco di un enorme Volto Santo (di artista anonimo e datato 1545) che deriverebbe, senza ombra di dubbio, direttamente da quello tipico ed originario di Lucca.
La Chiesa della Madonna della Neve però, a differenza di quella di San Martino, non ha conosciuto valorizzazioni, offesa da continue infiltrazioni di acqua proprio sulle aree affrescate, è stata di recente chiusa dalla Diocesi di Rieti. Un problema ulteriore che sta rischiando di portare a completo deterioramento sia il Volto Santo che la magnifica (ed ugualmente rara) Storia della Vera Croce dipinta ai suoi piedi.
Del Volto Santo si è occupata la Biblioteca Angelo Di Mario con un convegno organizzato, nel 2018, in sinergia con il Comune di Rocca Sinibalda e con l’Associazione Culturale Vallecupola (e al quale sono intervenuti Giuseppe Cassio, funzionario storico dell’arte del MIBAC in servizio presso la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Frosinone, Latina e Rieti, Micaela Amelio, restauratrice, Ileana Tozzi, ricercatrice e direttore del Museo dei Beni Ecclesiastici della Diocesi di Rieti). Un convegno che è servito a sensibilizzare (in primis grazie alla relazione finale del Dottor Cassio) il neo Vescovo della Diocesi di Rieti, Domenico Pompili (cui non vanno attribuite responsabilità). Di qualche mese fa è la notizia dell’inserimento della Chiesa nelle future programmazioni di restauro, grazie al suo intervento. Una notizia rassicurante, ma sono ora le tempistiche a preoccupare e soprattutto il fatto che le porzioni interessate dagli affreschi non siano state messe in sicurezza. Sul Volto Santo continua a piovere, “da anni piove” su un’opera che non eguali in Italia per diversi fattori, a spiegarlo è la restauratrice Micaela Amelio.
“Il Volto Santo di Vallecupola – spiega – deriva da quello tipico di Lucca ed è tra i più somiglianti, ma presenta una ulteriore unicità, la inscrizione del Cristo in una croce Algiz, l’iconografia di Lucca si arricchisce cioè riagganciandosi alla tradizione germanica. L’origine simbolica del volto santo è il volto, nel tempo però altre manifestazioni artistiche si sono cristallizzate con tale denominazione. Un esempio importante è rappresentato dal Volto Santo di Lucca nel quale viene raffigurato non solo il volto, ma tutto il corpo posto sulla croce e racchiuso in un semicerchio. Nei primi simboli proto-cristiani la croce latina veniva circoscritta in un cerchio, essa simboleggia l’alfa e l’omega, ossia l’inizio e la fine di tutto. Cristo è l’espressione vivente di questo messaggio, con lui tutto ha preso l’avvio e con lui tutto avrà fine. Nel caso del Volto Santo di Vallecupola è posto su una croce differente, non più latina, come da tipica iconografia, ha la forma di una lettera chiamata Algiz”.
La Algiz (continua a spiegare la Amelio) è una runa, ovvero una lettera dell’alfabeto runico del popolo runico (antico popolo germanico). La simbologia della algiz comunica non solo il significato religioso, ma potere esoterico di massima protezione fisica e mentale. Questo simbolo veniva donato ai capi tribù e ai re attraverso riti magici (energetici). Non solo religione dunque, ma antropologia e folclorismo.
Una vera particolarità: tra i rari esempi di crocifissione su croce algiz, in Italia quella di Vallecupola ne costituisce il quarto esempio ed è tra le poche crocifissioni al mondo nella quale Gesù viene posto su una croce tipica della cultura nordico germanica (goti, vichinghi, angli).
Altri esempi in Italia: a Siena nel duomo, ad opera dello scultore Giovanni Pisano (1250), un ciborio in marmo raffigura Cristo su una croce germanica (algiz); nella cattedrale di S. Maria Assunta, presso Larino, sul portale una crocifissione ritrae il Cristo su croce algiz (1300), esempio di arte gotica; a Chioggia una scultura lignea policroma, all’interno del Santuario di S. Domenico, mostra Gesù esanime su questa tipica croce (1300).
“Questo simbolo germanico verrà utilizzato raramente da alcuni artisti – continua Micaela Amelio – perché caratterizza il periodo storico del Sacro Romano Impero Germanico. Gli imperatori germanici inizieranno ad infondere nell’Impero valori fondanti della propria cultura: in arte con lo stile gotico, in religione con il simbolo algiz, identificato con il Cristo e la sua forza di trasformazione. Volendo accostare per somiglianza quello di Vallecupola con altri esemplari di simile iconografia, possiamo parlare anche dell’Eremo di S. Maria in Giacobbe, presso Pale, vicino a Spoleto. Al suo interno sono presenti varie pitture fino al 1400, il Volto Santo raffigurato è del 1290. Nell’osservare la tunica di Gesù, essa è molto simile a quella di S. Maria della Neve. Una similitudine nel volto sembrerebbe essere ritrovata nel Battistero di Parma, nel dipinto denominato Il volto santo di Lucca con il menestrello (1370)”.
Altra particolarità è la fusione tra il Volto Santo e la Storia della Croce.
“Questo di Vallecupola è l’unico ciclo esistente in Italia nel quale si uniscono due potenti iconografie proto-cristiane, Volto Santo più suo ritrovamento per mezzo di Sant’Elena e prima ostensione della Croce di Gesù in Terra Santa. Si torna alle origini della cristianità, al periodo proto – cristiano. Non mi stupirei di scoprire, ad un esame più attento, storie davvero rare legate al sacro legno in questo piccolo borgo del reatino. Il ciclo pittorico intorno e ai piedi del Volto Santo è un’opera di estremo valore simbolico, unico esempio in Italia e nel mondo”.
Per tali ragioni la riqualificazione e messa in protezione dei due affreschi è doverosa.
“Sarebbe agghiacciante perdere, o lasciare al deterioramento, un bene di tale potenza storico-artistica. Gli affreschi di Vallecupola versano in uno stato di degrado vergognoso, dalla muratura, agli strati più superficiali degli intonaci – conclude la restauratrice – I fattori degenerativi presenti sono diversi, l’umidità e la temperatura interna fuori parametro, le infiltrazioni di acqua, le fragilità non calcolate della struttura muraria, come distacchi tra gli strati d’ intonaco e vuoti all’interno dei muri. La temperatura che oscilla di continuo può causare problemi di formazioni micotiche e gore scure, fino alla perdita dell’intonachino. L’ acqua penetra e scorre anche per risalita capillare all’interno delle pareti (ma non si escludono infiltrazioni dirette dal tetto) e ciò ha determinato l’alterazione sullo strato pittorico, inoltre lo scioglimento, a causa sempre della presenza di acqua, dei sali solubili contenuti nell’intonaco e nell’intonachino, giustifica la presenza della calcite. Nella zona absidale sotto la finestra (sempre aperta) in alto a destra, sono presenti anche diversi dilavamenti sulle pitture, in particolare i riquadri dipinti in sua prossimità, ormai illeggibili, sono in condizioni peggiori rispetto alle porzioni pittoriche restanti. Inoltre vicino al braccio del Cristo (volto santo) e alla mano destra, è ben visibile una bella fenditura. La situazione osservata nel 2017 mostrava una situazione di alterazione omogenea su tutto ciclo pittorico e la mia preoccupazione è nell’ipotizzare un ulteriore aggravamento. Siamo nel 2020 e non mi stupirei di vedere compromesse le pitture, se non si interviene al più presto”.
L’SOS è chiaro: in assenza di una messa in sicurezza, in primis dall’umidità, non sarà più visibile né il Volto Santo, né alcuna scena che rammenti le storie del Sacro Legno.
La Amelio solleva anche dubbi sulla datazione: “Possiamo ipotizzare che il Volto Santo sito in Vallecupola possa essere precedente alla data suggerita dai lavori ampliamento e decorativi, del 1554. Questo perché vi è presenza di alcune tracce di colore sovrammesso e sovrapposto, che farebbe pensare a ridipinture successive. Dovrebbero essere eseguite indagini con scansioni fotografiche che possano ben valutare e studiare i vari strati di colore, ed eventualmente scoprire la pittura originale, o confermare il periodo storico nella data riportata. La struttura architettonica della chiesa non è tutta dello stesso periodo, si noti lo stile del campanile, databile alla fine del 1200, rispetto alla facciata, del 1600-1700. Questo fattore suggerisce una stesura precedente della pittura del Volto Santo ed un successivo raccordo con il ciclo pittorico narrante le Storie della Croce. Il volto di Cristo potrebbe essere stato dipinto anteriormente, tra il tredicesimo ed il quattordicesimo secolo, poiché in questa sezione temporale gli artisti sperimentano il nuovo simbolo Algiz (affermazione della nuova cultura nordica). Vera e densa concentrazione di memoria storica, religiosa e folcloristica insieme, non lasciamo cancellare una parte di noi!”.