di Marco Giuliani
La gran parte degli itineranti cittadini sabini contemporanei hanno sofferto (e soffrono ancora) la domanda: “di dove sei?”. Molti di noi (soprattutto in età giovanile) hanno affermato di essere di Roma o di “vicino” Roma occultando vergognosamente le proprie origini e disconoscendo l’importanza della Sabina nella storia. La mia insensata condotta durò qualche mese poi compresi e sbandierai l’orgoglio per questa terra, una nutrita massa di sabini odierni invece continua a romanizzarsi, spacciandosi per romana nei viaggi turistici, tifando AS Roma e ciancicando uno slang ridicolo e artificioso (non curante del fatto che per i romani sono dei bifolchi definiti burini) . Ricordo a tutti gli inculturati che il popolo sabino esiste fin dal Paleolitico (60.000 a.C) e che i Sabini (assieme agli etruschi e ai latini) hanno fondato Roma sdoganando dal Colle Palatino una modesta massa di porcari e vaccari. Gli antichi sabini furono, soprattutto dall’età arcaica in poi, nemici agguerriti dell’arrogante Roma che già in quel periodo aveva iniziato a spadroneggiare qua e là. In quel periodo la ricca ed evoluta Sabina (in particolare quella adiacente al Tevere) era popolata da persone virtuose, giuste e oneste tanto da far affermare a Cicerone che a Roma era frequente fingersi sabini per ottenere stima e consenso. Gli storici Quinto Fabio Pittore e Dionigi D’Alicarnasso ci ricordano inoltre l’importanza fondamentale e il salto di qualità che Roma ebbe sotto la guida dei sabini prima e degli etruschi poi. Il popolo sabino fu sempre rispettato e il leggendario Ratto delle Sabine non è altro che una mirata invenzione romana (spacciata come risarcimento, relativo al presunto affronto fatto ai sabini) atta a motivare il potere che Tito Tazio esercito assieme a Romolo su Roma. Le più importanti famiglie “romane” furono quasi tutte di origine sabina, famiglie da cui provennero importanti figure (da Tito Tazio a Numa Pompilio da Anco Marzio a Vespasiano). Dopo secoli di splendore la Sabina fu assoggettata a Roma nel 290 a.C. per opera del console Curio Dentato e alla popolazione sabina fu concessa la cittadinanza romana senza il diritto di voto…da quel momento in poi “finisce la vera Sabina” e inizia quella romanizzata che, fino ai nostri giorni, annovera individui “felicemente romanizzati” orgogliosi di essere stati sottomessi dalla prepotente Roma. Roma ha sempre esercitato un grande fascino (personalmente la considero una città come tante altre) e il sabino di oggi la vede come un punto di riferimento. E’ buffo (e commiserevole) vedere sui profili facebook di gente vissuta da sempre in Sabina (da genitori non romani) scrivere con orgolglio “di Roma” solo perché è nata casualmente (o perché il pediatra della madre svolgeva la propria attività a Roma) e omettere di citare il posto in cui vive inventando località esotiche ad effetto. Considero questo atteggiamento patologico (voglia di rimuovere un qualcosa di cui vergognarsi)…questa terra non ha e non avrà mai bisogno di costoro per tentare di crescere.
ll popolo sabino (in particolare la contemporanea politica sabina) ha diconosciuto e sgretolato, nel corso degli anni, la cultura di questa terra permettendo saccheggi, distruzioni e denigrazioni che negli anni hanno visto annientare la sua storia (Cures è uno dei tanti tristi esempi). Le uniche strutture antiche più o meno salvaguardate in Sabina sono soltanto quelle riguardanti ville romane o cocci inutili “romani” rinvenuti qua e là. Le associazioni e le proloco hanno altresì conservato e divulgato le pacchiane sagre di fregnacce, stringozzi e frittelli.
Quanto finora scritto ha rappresentato per me una sconfitta culturale metabolizzata a fatica fino a quando, la settimana scorsa, mi sono imbattuto in un video tragicomico scoperto su internet…la partecipazione, al Circo Massimo, del gruppo Legio II Sabina I Sabini di Vacone, del sindaco Roberto Renzi e del Polo Didattico di Poggio Mirteto al 2770° anniversario del Natale di Roma (con tanto di vessillo). Non ho mai saputo dell’esistenza del gruppo “Legio II Sabina”, entità che ogni hanno festeggia l’orgoglio di essere stati assoggettati da Roma e quindi di essere stati “romani”. Aver visto sfilare uomini sabini vestiti da romani (con costumi più o meno aderenti agli originali) e da donne vestite da antiche sabine e da vestali (con delle modeste vestagliette…forse vestaglia proviene da vestale) mi ha fatto capire l’inutilità di portare avanti, nel mio piccolo, la storia e la cultura della Sabina. Il gruppo, tra l’altro, rappresenta una legione che fu in breve tempo sciolta (tra il 30 e il 14 a.C) quando più di 100.000 veterani furono congedati e integrati in un’altra legione. L’orgoglio “romano” vaconiano è stato espresso in maniera entusiastica dal primo cittadino di Vacone Roberto Renzi (apparso in svariate interviste rilasciate a tv romane) e dal Presidente del Gruppo Storico Romano Sergio Iacomoni: “Il 21 Aprile è la nostra festa. Quello che ci lega è la romanità ad essere appartenuti a Roma e stranamente gli unici che non sono consapevoli di questa cosa sono proprio i romani. Lo slogan di quest’anno è “Io festeggio il Natale di Roma” noi ci siamo accorti che a Roma è pieno di gente con orgoglio romano, che va ritrovato. Partecipate a questa festa perchè è un’occasione unica e non ci sono altre possibilità. I bambini li sognano i gladiatori, come gli americani”.
Penso che il motivo per il quale i romani non si sono mai accorti della vaco-romanità sia quello che i vaconesi sono di Vacone e non di Roma e poi….ce lo vedete voi un gruppo storico proveniente dalla Francia (Gallia) o dalla Romania (Dacia) festeggiare il Natale di Roma? Siete sabini fatevene una ragione e soprattutto valorizzate e curate quello che questa terra ha rappresentato negli anni, apprezzate questa bistrattata terra PREROMANA in cui la civiltà è arrivata molto prima di quella arrivata a Roma (apportata da figure tutt’altro che romane). Vacone, ad esempio, continui a festeggiare la dea sabina Vacuna (complimenti per questo evento) senza esaltare l’antica Roma (dove comunque la succitata dea era venerata).
Non chiedo di celebrare il Natale della Sabina in quanto noi non siamo “giovani” di 2770° anni (la storia della Sabina si perde nella notte dei tempi, tempi in cui nel luogo in cui nascerà l’affascinante città eterna c’era… un paludoso nulla) chiedo solo di apprezzare e sfoggiare orgogliosamente le proprie origini senza identificarsi in entità lontane dalla nostra cultura e lontane dal nostro quieto vivere.
Spero che quanto scritto non scateni acredini o reazioni smodate, io sono un sabino che dice quello che pensa e pensa quello che dice e sono lontano dalla violenza verbale (e non solo) che spesso caratterizza il romano e il romanizzato (quest’ultimo solitamente più accerrimo sostenitore della romanità che evidentemente non gli appartiene e non gli apparterrà mai).
P.S. Il pensiero sopraindicato è riferito anche ad altri, eventuali, gruppi storici pro Roma, a tutti coloro che cantano, declamano e scrivono in romanesco (eclissando il nostro dialetto) e a tutti giovanotti quelli che, incontrandosi nelle piazze sabine, dicono: “me fai taja” oppure “aooo se beccamo domani”.