A cura dell’ Accademia Hermetica “Giuliano Kremmerz” di Cortona
Pubblichiamo questo breve testo perché l’etimologia (scienza che indaga l’origine dei vocaboli) può non essere uno sterile esercizio di erudizione, ma un aiuto per rinvenire il significato ed il potere magico nascosto dietro le parole. Comprese quelle che oggi adoperiamo correntemente, quasi senza accorgercene, e di cui abbiamo scordato il senso vero.
Questo scritto è da intendersi come piccolo contributo per chi nutre interesse verso questo tipo di studi, ma non come espressione di verità dogmatiche. Uno spunto di riflessione dunque, in attesa che l’ermetista, o aspirante tale, coltivi in sé la coscienza della risposta alle proprie domande.
Fratellanza: è il circolo formato dai fratelli o elementi di una catena (secondo la tradizione occulta, almeno in numero di tre), i quali, uniti e protetti dalle forze messe in movimento per mezzo del rito, formano una corrente animica. La buona riuscita delle operazioni, qualora ottenuta, non è da tributarsi alle singole personalità profane degli operatori (la parola “persona” viene dal greco “prósōpon”, dall’etrusco “pershu”, dal latino “personare” o “parlare attraverso”, indicando la “maschera”, cioè la falsa caotica personalità, dietro la quale si cela l’Essenza spirituale), ma propriamente alla Miriam.
Miriam: nome simbolico di origine egizio-ebraica.
Preambolo necessario è considerare come l’antica sapienza egiziana, per tramite del biblico Mosè (bambino adottato, cresciuto ed educato alla corte dei Faraoni), venne ad un certo punto trasferita ed occultata nei libri dell’Antico Testamento, l’esegesi esoterica dei quali può mostrare notevoli significati ermetici. Essi furono evidentemente composti da chi conosceva l’egiziano e la corrispondenza lettere-simboli-forze-valori numerici.
Corrispondenza che si è andata perdendo nell’involuzione degli alfabeti moderni e che permane nascosta nelle carte del tarocco.
La Miriam corrisponde analogicamente all’Iside egizia, alla Vergine Maria dei cattolici, all’Imperatrice dei tarocchi che tiene sotto i piedi il serpente o crescente lunare.
La parola Miriam (o Myriam, come alcuni hanno voluto indicarla, spostando la “y” sulla prima “i”, rispetto alla grafia ebraica) compare per la prima volta nell’Antico Testamento: è lei la sorella di Aronne e prima sacerdotessa, chiamata con un nome formato dalle lettere MRYM, traducibile, appunto, in Miryam o Maryam.
Tale termine deriverebbe dalla parola egiziana MRY che vuol dire “amore”.
Ecco il significato figurativo di ciascuna lettera ebraica che compone la parola MRYM:
m Mem = acqua (scritta di norma col simbolo grafico “aperto”, quando cade all’inizio di una parola)
r Resh = testa
y Yod = mano attiva, che si chiude a pugno
m Mem =acqua (scritta con simbolo grafico “chiuso”, perché cade alla fine della parola).
Tentando una prima interpretazione, possiamo notare come il nome inizi e finisca con una Mem, con ciò potendo indicare l’acqua che tutta la realtà permea, unisce e vivifica, quasi come fosse una sola corrente. Sottilmente si parla di corrente astrale, cioè fatta di una luce non visibile con occhi fisici (”a-stron” = privo di luce), la stessa luce che forma i sogni o le immagini mentali.
Difatti per la scienza esoterica vi sono due tipi di acque, inferiori, cioè dense, e superiori, cioè sottili: l’acqua come elemento dei filosofi o artisti della Grande Opera. Esse sono separate dal cielo (ieraticamente da “celare”, quindi lato “nascosto” e “occulto” della realtà universa).
Dicevamo, la prima Mem è dunque aperta: in questo possiamo vedere come il primo atto sia quello di solvere la visione fissa ed ordinaria della realtà, di rompere il guscio della nostra personalità profana, ciò che si produce per effetto del rito.
Segue una Resh, testa o capo, qualcosa che sorge o emerge dalle acque stesse. Può trattarsi dell’individuo in catena che, grazie alla progressiva purificazione favorita dalle pratiche isiache, riesce a tirarsi fuori dalla corrente astrale, finché sorga la sua parte superiore Intelligente, l’Ermete loquente di cui inizia a sentire la voce. Possiamo altresì vederci il simbolo di ciò che alcune scuole chiamano eggregore, cioè l’ente di catena: esso si stacca dalla corrente fluidica orizzontale formata dalle anime oranti, acquisendo vitalità e caratteristiche proprie. Ha varie funzioni, tra cui unire e proteggere i fratelli, nonché assorbire e ripartire l’energia in eccesso o in difetto fra gli operatori.
La lettera Yod simboleggia il primo principio attivo (nel tetragrammaton esso è il primo elemento del nome di dio, fecondante il secondo elemento passivo “He”), dunque potrebbe essere la cosiddetta mano agente o la vergine (“virgo” = “vir agens”), volontà sovrapersonale che imprime direzione d’efficacia al rito.
L’ultima, Mem, è graficamente chiusa, per cui può rappresentare l’atto del fissare le acque, coagulare l’immaginato, tramite la chiusura del rito.
Può essere quindi la Miryam letta come: acqua o madre-matrice da cui sorge un essere attivo. Non è un semplice simbolo passivo o femminile, come si può credere in apparenza, poiché è da essa che scaturisce il Verbo divino fatto carne.
Altro significato che potrebbe essere attribuito a questo nome è “amaritudine”, ottenibile se si tiene in considerazione la radice ebraica MRR = “essere amaro”. Ciò potrebbe voler dire che l’ acqua con cui l’iniziato può dissetarsi è di per sé amara e non può essere usata, eccezion fatta se si possiede quel pezzetto di legno (la verga del mago?) che Dio mostrò a