Da giorni i giornalisti presenti in Ucraina denunciano il fatto che la guerra – come ce la siamo sempre immaginata, ovvero scontro di linee militari contrapposte, insomma “la Fronte militare” – non si vede e dunque, non si può commentare.
Ed ecco che ieri, 7 Marzo 2022, una foto, piazzata in prima pagina su molti Quotidiani, ci sbatte in faccia la violenza che è la guerra. La violenza che vivono, in prima persona, i civili durante una guerra. Una madre e i suoi due figli (una femmina ed un maschio) ammazzati su di una strada di Kiev, distrutti come fossero pericolosi obiettivi militari e lasciati a terra senza vita. Eccola la guerra “che non si vede” (meglio che non avremmo mai voluto vedere).
L’unica cosa che vediamo è un lenzuolo bianco, che copre due corpi senza vita, il terzo era già stato portato via, e un trolley con le poche cose che quella madre aveva radunato per fuggire.
Fuggire con un treno (che non prenderà). Il treno che l’avrebbe portata, con i suoi bambini, in salvo verso la Polonia. La Polonia dove, un tempo, c’erano diversi Campi di Sterminio nazisti e dove i treni, al contrario di oggi, portavano i deportati a morire.
Dunque, il treno, di nuovo simbolo di un tempo di guerra, quello presente, che non ha nulla di tecnologico, come ci saremmo aspettati per una guerra moderna e che, invece, ci riporta – con estrema violenza – ad un Novecento insanguinato e assassino che pensavamo morto per sempre.
Dunque, meditiamo a lungo e riflettiamo a fondo su cosa quella fotografia significa per tutti noi, ricordando che oggi è l’8 Marzo “Festa” della Donna e che quella donna, quella madre ucraina – e la sua bambina – non potranno godersela questa “Festa”, come sarebbe stato – ne sono certo – loro desiderio e soprattutto diritto.
Buona lettura.
Carissime, Carissimi,
Per le donne ucraine che lottano per la sopravvivenza loro, dei loro figli e della loro terra;
Per le donne russe che hanno visto, vedono (e vedranno) i loro figli morire in Ucraina, per le mire espansionistiche e folli di un criminale;
Per le donne russe che hanno manifestato (e manifestano) per la fine della guerra in Ucraina e per questo sono state arrestate (e lo saranno ancora) e ora rischiano 15 anni di carcere per “tradimento della patria”;
Per Yelena Osipova, nata durante l’assedio nazista di Stalingrado (e a questo sopravvissuta) arrestata, a San Pietroburgo il 4 Marzo del 2022, per u cartello su cui era scritto: “Soldato, metti giù le tue armi e sarai un vero eroe”;
Per le donne afgane che lottano – e muoiono – per i loro diritti (e che abbiamo già dimenticato);
Per le donne rifugiate e migranti (di ogni parte del mondo) di cui quasi mai ci ricordiamo;
Per le donne vittime di molestie e di violenza (a cui spesso nessuno crede);
Per le donne vittime di femminicidio, (oltre 600 dal 2012) a cui nessuno potrà più dare e la vita e la giustizia;
Per le donne senza un lavoro;
Per le donne che il lavoro l’hanno perso (il 70% dei licenziati nel 2021);
Per le donne che, per il lavoro, hanno perso la vita (85 solo nel 2021);
Per Luana D’Orazio, assassinata perché la produzione andava aumentata:
Per tutte le donne come Luana:
Per tutte le donne che chiedono rispetto, pari dignità e diritti con gli uomini (e non vengono ascoltate);
Per tutte le donne che lottano per i loro diritti, anche per quelle di cui non
sappiamo (e non sapremo mai) né il nome, né la storia;
Per le bambine che diventeranno donne anche se a fatica (perché, per le donne, il mondo – e la vita – sono sempre in salita);
Per quella madre ucraina e quella bambina di Kiev;
Per tutte le donne del mondo:
UN 8 MARZO DI MEMORIA E DI LOTTA, NON DI FESTA!
Il Presidente
Ugo Fanti (Presidente ANPI-Aurelio)