Gentile DIRETTORE,
L’articolo 1 della Costituzione recita : ” L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro “. Il successivo articolo 27 : ” le PENE non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la PENA di MORTE.” Basterebbe dunque applicare questi due principi per la riforma della GIUSTIZIA PENALE in gestazione in questi giorni. Invece i MAGISTRATI spingono da un lato, gli AVVOCATI da un altro, la dx sta con tizio, la sx con caio, il centro con un altro ancora. Da una parte i Giustizialisti, dall’altra i Garantisti….. Insomma una grande confusione all’uopo….Ognuno porta acqua al proprio orticello. A mio modesto modo di vedere le ” disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d’appello..” proposte dal Ministro Marta Cartabia, non possono essere avulse da quanto sopra richiamato e dalla COSTITUZIONE con tre punti essenziali ulteriori :
1- L’aspetto del LAVORO per la pubblica utilità o lo STATO, quale mezzo per espiare la PENA, è ancora visto in modo troppo timido, e va incentivato fino alle pene al di sotto dei 10 anni. Il lavoro deve essere gratuito e prestato dal condannato, fino alla espiazione della condanna, al posto del carcere. Vanno incentivati sia l’UEPE, che la MESSA alla PROVA ( articolo 464 bis del codice penale ) e proprio la sostituzione, in ultima analisi, con il lavoro della PENA carceraria finale.
2- Va operata la riforma della Magistratura onoraria, poiché diversamente i Tribunali rischiano il fermo concreto ed irrimediabile.
3- LA LEGGE E’ UGUALE PER TUTTI…e questo è il baluardo della GIUSTIZIA che deve essere sempre presente all’orizzonte delle RIFORME.
Se si terranno presenti questi elementi, può darsi che si farà una buona RIFORMA. Ma se si continua con troppi compromessi, temo si farà una riforma confusa ed inefficace.
avv Adalberto ANDREANI. Rieti.