4 GIUGNO 1944 . LA LIBERAZIONE DI ROMA DAI NAZIFASCISTI
di Giorgio Giannini
Il 4 giugno 1944 Roma è liberata, dopo 271 giorni di occupazione nazifascista, dai militari americani della Va Armata, comandata del generale Clark.
L’occupazione era iniziata il pomeriggio del 10 settembre 1943, dopo una disperata battaglia per la “difesa di Roma”, durata tre giorni, che era iniziata in un posto di blocco sul ponte sul Tevere, alla Magliana, tenuto dai Granatieri di Sardegna, la sera dell’8 settembre, un’ora dopo l’annuncio alla Radio dell’Armistizio, e si era conclusa il pomeriggio del 10, nella battaglia finale a Porta San Paolo (quartiere Ostiense) alla quale hanno partecipato, insieme con i militari di alcuni reparti (Granatieri, Carristi…) anche centinaia di civili, comprese molte donne.
Il bilancio ufficiale delle vittime dei tre giorni di combattimenti è drammatico: 597 morti, dei quali 414 militari e 183 civili (comprese 27 donne che soccorrevano i feriti o portavano munizioni e cibo ai combattenti).
L’occupazione nazifascista ha comportato in nove mesi molte altre vittime. Ricordiamo gli oltre 1500 Carabinieri arrestati dai nazisti il 7 ottobre 1943 e deportati nei campi in concentramento in Germania e Polonia, nei quali molti sono morti per gli stenti e le malattie.
Ricordiamo i 1022 ebrei romani catturati il 16 Ottobre del 1943, nella cosiddetta “razzia”, sia nel “ghetto”, vicino all’Isola Tiberina, sia nei vari quartieri cittadini. I nazisti infatti sapevano dove abitavano gli ebrei perché tutti erano “schedati” in seguito alle Leggi Razziali dell’autunno 1938. Lunedì 18 ottobre 1943 gli ebrei “razziati” sono deportati, in carri ferroviari adibiti al trasporto delle merci, perché gli ebrei non erano considerati dai nazisti esseri umani, ma “pezzi” (cose), nel campo di sterminio di Auschwitz, dove arrivano dopo un viaggio allucinante di 5 giorni, senza cibo e con poca acqua, e dove i tre quarti sono subito eliminati nelle “camere a gas”. Gli altri sono mantenuti in vita, provvisoriamente perché sottoalimentati, per essere utilizzati come manodopera a basso costo nelle fabbriche belliche allestite vicino a tutti i lager. Alla fine della guerra tornano a Roma solo 16 persone (delle quali una sola donna).
Ricordiamo le 335 vittime della cosiddetta strage delle “Fosse Ardeatine” compiuta dai nazisti il 24 Marzo 1944 come rappresaglia in seguito all’attacco partigiano ad una compagnia di militari tirolesi in Via Rasella del giorno precedente.
Ricordiamo i 744 uomini in età di lavoro catturati all’alba del 17 aprile 1944 nel rastrellamento del Quartiere Quadraro, considerato dai nazisti un “nido di vespe” perché vi trovano rifugio, protetti dalla popolazione locale, i partigiani operanti nella zona.
Ricordiamo infine i numerosi eccidi compiuti dai nazisti: i circa 70 patrioti fucilati in varie occasioni al Forte Bravetta (uno dei 15 Forti costruiti alla fine dell’Ottocento intorno a Roma) perchè condannati a morte dal Tribunale di guerra tedesco; i 10 partigiani fucilati il 23 ottobre 1943 al Forte di Pietralata, dopo essere stati catturati in seguito ad un fallito attacco; le 10 donne uccise il 7 Aprile del 1944 presso il cosiddetto “Ponte di ferro” (l’attuale “Ponte dell’Industria” all’Ostiense), dopo aver assaltato un forno che faceva il pane per i soldati tedeschi (nel mese di aprile 1944, quando la situazione alimentare in città era diventata molto precaria, ci furono numerosi “assalti ai forni” da parte delle donne per procurarsi il pane); i 14 ex detenuti del Carcere tedesco di Via Tasso, massacrati dai nazisti in ritirata nella località “La Storta”, al 14° Km della Via Cassia, proprio il 4 giugno 1944, il giorno della Liberazione della città.
Infine, tra le vittime dell’occupazione nazifascista ci sono molte centinaia di partigiani romani caduti durante i nove mesi di lotta armata ed un numero imprecisato di civili uccisi perché avevano tentato di fuggire durante i frequenti “rastrellamenti” nelle strade cittadine, compiuti soprattutto dai tedeschi per procurarsi “lavoratori coatti” da portare in Germania, per essere utilizzati nelle fabbriche belliche, oppure nelle retrovie del fronte di Cassino per la ricostruzione delle strade e delle ferrovie distrutte dai bombardamenti degli Alleati.