di Andrea Moiani
Il 17 dicembre, nella Biblioteca Comunale di Peppino Impastato di Poggio Mirteto, si è svolta con il supporto del Comune la presentazione del libro “Loreto Mattei. Devoto in Lingua trasgressivo in dialetto” di Gianfranco Formichetti (edito da Il Formichiere) , in occasione del quarto centenario dalla nascita del poeta reatino.
Nato nel capoluogo sabino il 4 aprile 1622 dai nobili Pietro Paolo Mattei e Orinzia Pennicchi, Loreto studiò retorica nel collegio pubblico della sua città pubblicando diverse opere giovanili basate su temi religiosi. Negli anni Quaranta Loreto Mattei diventerà una figura di spicco della vita pubblica reatina insegnando alla scuola di eloquenza e filosofia e ponendo la firma sul progetto per la realizzazione della cappella di Gian Lorenzo Bernini dedicata alla patrona Santa Barbara. Tra il 1651 e il 165 fu gonfalone di Rieti e nel 1659 sarà eletto podestà.
Nel 1661 muore la moglie Porzia Cerroni, sposata nel 1641. L’evento spingerà Mattei a farsi prete e ad intraprendere studi di teologia. È in questo periodo, inoltre, che ha inizio la sua carriera letteraria fatta di traduzioni in fiorentino delle opere di Orazio e dei Salmi e dalla stesura dei celebri Sonetti. Le sue opere verranno diffuse poi in tutta Europa grazie alla sua fitta rete di conoscenze. Nei suoi ultimi anni di vita entrerà a far parte dell’Accademia dell’Arcadia e morirà nel 1705 nella sua Rieti, in seguito ad una caduta accidentale.
Alla presentazione del libro sono intervenuti l’autore Gianfranco Formichetti e il critico letterario Marco Testi. Nel suo intervento introduttivo Testi ha analizzato la figura di Loreto Mattei soffermandosi in particolar modo sui suoi aspetti innovativi e sulla sua importanza nel clima letterario italiano del Seicento.
«Nei sonetti del Mattei emergono due elementi tipici del barocco: l’uso del dialetto e la contaminazione tra letteratura alta (dell’intellighenzia) e quella popolare – spiega Marco Testi. – Questo contrasto tra un Mattei traduttore o commentatore dei Salmi e di un Mattei utilizzatore del dialetto, in realtà, è solo apparente. Come Formichetti evidenzia nel libro, Belli riprenderà la scelta di Mattei di adottare il dialetto come forma di comunicazione vera riprendendo alcuni motivi e alcune tematiche dello scrittore reatino, vissuto più di un secolo prima. Belli non scelse di utilizzare il dialetto in termini puramente negativi o puramente negativi. Egli non considerava il dialetto né come simbolo di una volgarità sfrenata, ma se mai la via d’uscita dall’intellettualismo dell’aristocrazia. La lingua popolare era anzi un elemento strettamente collegato alla natura.”
«Nei sonetti di Mattei – continua Testi – ho notato elementi importantissimi che aiutano a superare quella tendenza che insiste nel porre dividere rigidamente in correnti certi periodi o certi movimenti artistici facendo sì che ci si dimentichi che la storia delle letteratura e la storia in generale sono flussi costanti e non una suddivisione in blocchi. Molti di questi autori sono stati catalogati entro alcuni movimenti nonostante il loro pensiero si agganci a un passato anche lontanissimo, il che li rende eredi di una memoria da recuperare e da proiettare nel futuro”.
In conclusione, Marco Testi aggiunge: «In Mattei salta all’occhio una contaminazione costante soprattutto attraverso l’utilizzo di figure retoriche molto diffuse e tipiche del barocco. Nella poesia popolare esse hanno l’intento di uscire dall’autenticità e dalla cultura alta. Nel parlare della primavera, Mattei si approccia con toni puramente apparentemente provenzali e occitanici per poi rovesciare il tutto parlando di elementi come l’asino (e quindi riferito al mondo popolare). Si nota quindi la compresenza di elementi alti ed elementi comici. Comici non risibili, ma collegabili all’appartenenza al popolo. Attraverso la lingua “sconcia” (ovvero “al di fuori dell’ordine in cui è stata messa dall’aristocrazia”), Mattei fa sì che il dialetto diventi qualcosa di importante per poter capire gli elementi naturali e non nobili della realtà reatina e italiana del suo tempo.»
Così, invece, l’autore Gianfranco Formichetti: «Quello di Loreto Mattei è un profilo molto interessante per via di ciò che ha realizzato sul piano politico e culturale della città di Rieti. Se dal punto di vista politico contribuì alla vita cittadina ricoprendo diverse cariche, dal punto di vista culturale le sue opere avranno ampia diffusione in tutta Europa intrattenendo anche una fitta corrispondenza con l’imperatrice d’Austria Eleonora Gonzaga-Nevers la quale era rimasta molto colpita dalle sue traduzioni e dai suoi Sonetti. Il periodo in cui vive il Mattei è quello della Controriforma che ha avuto il via con il Concilio di Trento e che, tra le tante cose, è stato caratterizzato da una risposta di tipo culturale. Loreto Mattei stesso farà parte della Chiesa diventando prete alla morte della moglie nel 1661. È da quel momento che inizia a scrivere i suoi racconti e iniziando a parlare della “nostra nazional favella” (il volgare) preferendola al latino. Mattei è dunque una figura poliedrica in grado di utilizzare al meglio il suo repertorio letterario al punto di essere presente in molti riferimenti di artisti coevi. La prima edizione delle sue opere verrà curata solo nel 1829 a cura di Angelo Maria Ricci, altro grande intellettuale reatino e facente parte dell’Arcadia come il Mattei. Nel pubblicare i Sonetti di Loreto Mattei, Angelo Maria Ricci attua alcune censure scartandone alcuni. Io li ho recuperati tutti e pubblicati.»
L’assessore alla Cultura Cristina Rinaldi a conclusione dei lavori ha auspicato iniziative analoghe al fine di valorizzare personaggi di rilievo della nostra storia poco noti al grande pubblico, anche attraverso il coinvolgimento degli Istituti Scolastici.
Gianfranco Formichetti è insegnante e giornalista pubblicista. Dal 1977 al 1988 è collaboratore CNR con cattedra di Storia della critica letteraria. Autore di saggi su riviste nazionali e internazionali da “La Rassegna della Letteratura Italiana” a “FMR”, DA “i QUADERNI DELL’Arcadia” a “Bruniana e campanelliana” a “Studi Romani”; collaboratore delle pagine culturali de “Il Tempo”, “Il Sole 24 Ore”, “Il Corriere della Sera”, “Il Corriere dell’Umbria”. Ha diretto “Il Territorio”, rivista quadrimestrale di cultura e studi sabini. È assessore alla Cultura del Comune di Rieti dal 1994.
Tra le sue pubblicazioni: “Campanella critico letterario”, Bulzoni, 1983; “Le instabilità dell’ingegno” di A.G. Brignole Sale (Istituto della Enciclopedia Italiana), 1984; “Il mago, il cosmo, il teatro degli astri. Saggi sulla letteratura esoterica del rinascimento”, Bulzoni, 1985; “I testi e la scrittura. Studi di letteratura italiana”, Bulzoni, 1990; “Rieti delle delizie”, Franco Maria Ricci, 1993; “I sonetti in dialetto reatino di Loreto Mattei”, Secit, 1997; “Tommaso Campanella: eretico e mago della corte dei papi”, Piemme, 1999; “Caravaggio pittore. Genio, assassino”, Piemme, 2001; “Venezia e il prete col violino. Vita di Antonio Vivaldi”, Bompiani, 2006 e 2017.
Marco Testi è storico della letteratura e critico letterario: si interessa dei rapporti tra la letteratura, arte e la cultura in alcuni periodi storici. Scrive sulle pagine culturali dell’agenzia stampa della Cei, “Sir”, la rivista dell’AC italiana “Segno”, “L’Osservatore romano”, “La Civiltà cattolica”, “Fili d’aquilone”.
Ha realizzato mostre e edito libri tradotti in altre lingue sui rapporti tra letteratura, arti figurative e spirito del tempo tra Otto e Novecento. È stato insignito del premio Ettore Roesler Franz 2019 proprio per il suo lavoro di ricerca dei rapporti tra arte, letteratura e cultura, soprattutto attraverso l’opera del pittore della Roma Sparita. Proprio sui rapporti letteratura-arte ha scritto nel 2007 Altri piani, altre valli, altre montagne. La deformazione dello spazio narrato in Con gli occhi chiusi di Federigo Tozzi. Sui profondi legami tra cultura e letteratura tra fine Ottocento e Novecento sono usciti anche Frammenti d’occidente, Sentieri nascosti e in nel 2021 La cura. Il libro come salvezza dalla solitudine e dalla paura, libro che sta avendo una notevole rilevanza mediatica per il suo proporre (la prefazione è dello psicoterapeuta Tonino Cantelmi) la lettura come salvezza in un momento come questo di isolamento e paura dell’altro.
Ha edito libri sul romanzo storico, e sul rapporto tra rivoluzione francese e letteratura. Suo è anche un ampio studio sulla poesia di Camillo Sbarbaro.
Insegna in una facoltà collegata con la Pontificia Università Lateranense.
nelle foto da sinistra Gianfranco Formichetti, Marco Testi, l’assessore Cristina Rinaldi